A Moncalieri in strada Carpice un complesso abbaziale di straordinario valore abbandonato all’incuria; occorre intervenire prima che sia troppo tardi – I NOSTRI LETTORI CI SCRIVONO
Molti di coloro che percorrono ogni giorno strada Carpice a Moncalieri forse non sanno che dietro un muro di cinta piuttosto bruttino si cela il resto di uno dei maggiori insediamenti medioevali del territorio a sud di Torino. Sin dall’Alto Medioevo la zona di Calpice (così è denominata nei documenti antichi) era popolata ed estesa sino a Stupinigi come giurisdizione abbaziale intitolata prima a Santa Maria e poi a Santa Maria e San Lorenzo.
Dall’Abbazia, sottoposta a sua volta al controllo del monastero benedettino di San Solutore di Torino, dipendevano mulini, l’uso delle acque di torrenti e canali, e soprattutto la curtis, cioè un insediamento agricolo e produttivo assai popolato. Addirittura, nel 1228 il Comune di Calpice, insieme a quelli di Testona e Mairano, fu tra i fondatori della villanova di Moncalieri.
Calpice inizia dal XIV secolo una profonda crisi economica e spirituale, che la porterà a una totale sottomissione a Moncalieri. Nel 1732, l’abate di San Solutore fece ricostruire la chiesa, intitolandola a San Lorenzo e abbellendola con arredi poi andati perduti e con quel gioiello che sono gli affreschi di Antonio Michele Milocco sulla volta.
Perché questa lunga premessa? Perché voglio sottolineare che da tempo la nuova chiesa è in totale abbandono, anche se il Comune di Moncalieri è intervenuto nel 2015 per salvare il tetto e nel 2016 con la Soprintendenza per salvare gli affreschi. Denaro totalmente buttato al vento perché ora l’intero complesso rischia nuovamente il crollo: abbandonata a sé stessa, sempre più ristretta negli angusti spazi di un deposito di bus, anche se dal 1986 la chiesa è proprietà del Comune di Moncalieri.
L’intero territorio ha già subito oltraggi di ogni genere, legati a una urbanizzazione selvaggia che ha poco a poco abbattuto gli antichi mulini e le poche strutture antiche ancora in piedi, ha devastato l’originario sistema viario, fino ad arrivare all’interramento nei campi vicini dei veicoli danneggiati nell’alluvione di Firenze del 1966.
Ogni tanto qualche studioso occasionalmente rinviene nei campi qualche scheggia di mattoname romano o terrecotte medioevali, deriso tuttavia da chi vorrebbe l’atterramento di quel fastidioso residuo del passato che è la chiesa abbaziale. Tra qualche anno, se non si troverà il modo di recuperare alla comunità di Borgata Santa Maria quanto rimane del complesso abbaziale, l’incuria totale farà il suo corso, come è avvenuto a Carignano, dove l’antico Ospizio dei Pellegrini, sorto su basi duecentesche, è stato fatto abbattere dal privato proprietario perché ormai costituiva un pericolo in quanto pericolante.
Qualche idea di riutilizzo, anche la chiesa è posta in un’area periferica (ma neanche tanto, considerata l’importanza della Borgata Santa Maria), c’è: manca solo l’interlocutore. Salvare gli affreschi di Milocco, considerato l’interesse dell’Amministrazione di Moncalieri per lo sviluppo di itinerari artistici, si può ancora. Basta la volontà politica (nel senso reale del termine, non quello deteriorato da secoli di lotte tra fazioni in Italia) di farlo per far rinascere un bene considerevole per l’intera pianura a sud di Torino, su cui insistono da anni importanti progetti – già in parte realizzati – di valorizzazione culturale omogenea.
Paolo Castagno