L’eleganza della modernità: una mostra al Forte di Bard racconta l’evoluzione del Déco in Italia attraverso duecentotrenta opere
Duecentotrenta opere tra pittura, scultura, decorazioni murali, arti applicate, manifesti e illustrazioni per raccontare l’evoluzione del Déco in Italia: il Forte di Bard (Valle d’Aosta) ospita fino al 10 aprile una mostra inedita, a cura di Francesco Parisi. Il termine déco, nato dall’abbreviazione del titolo della celebre esposizione parigina del 1925, Exposition International des Arts Decoratifs et Industriels Modernes, ha avuto una sua precisa fortuna semplificativa e storica nel 1966, con la mostra, allestita sempre nella capitale francese dal titolo Les ànnees ’25: Art Déco, Bauhaus, Stijl, Esprit Nouveau. Da allora sono state allestite numerose mostre sull’arte tra le due guerre mondiali che afferivano ad un gusto internazionale con una particolare attenzione proprio verso le arti decorative.
La mostra Il Déco in Italia, l’eleganza della modernità, allestita nelle sale delle Cannoniere e delle Cantine del Forte , oltre a ricostruire proprio la sezione italiana presente a quell’evento epocale, intende restituire una sorta di fotografia di quanto si andava producendo in quegli anni non solo nelle arti decorative ma anche in pittura, scultura e grafica selezionando quelle opere che rispondevano sia ad una esigenza di sintesi formale, soprattutto nell’ambito novecentista, che caldeggiava un recupero della tradizione culturale italiana e dell’idioma classico rinascimentale, sia ad un’attitudine più gioconda, a tratti apparentemente disimpegnata.
Esposte non solo le sfavillanti ceramiche firmate da Gio Ponti per Richard Ginori e le delicate trasparenze buranesi di Vittorio Zecchin, ma anche opere di pittura e scultura, connotate da quel gusto sintetico e lineare che caratterizzò una parte dell’arte italiana di quegli anni.
Molte le opere pregevoli, come il pannello in ceramica di Galileo Chini che ornava il salone del Padiglione Italia, il ritratto di Augusto Solari di Adolfo Wildt, anch’esso presente a Parigi, le celebri ceramiche di Francesco Nonni e straordinari dipinti di Aleardo Terzi e Umberto Brunelleschi che segnano un versante più illustrativo della pittura di quegli anni.
Largo spazio è dato anche quel sottile legame che legò il secondo Futurismo alla temperie Déco e che fecero esclamare a Margherita Sarfatti “il Futurismo ha salvato l’Italia alla mostra di Parigi”. La ricostruzione dell’esposizione del 1925 permette di presentare molte di quelle opere tra cui: gli studi preparatori per il grande arazzo del Genio Futurista di Giacomo Balla (che ornava la scalinata del Grand Palais) ed altri arazzi e mobili progettati da Fortunato Depero, nonché alcune scenografie di Enrico Prampolini. Contigui al futurismo, le visionarie opere di Sexto Canegallo e Cornelio Geranzani testimoniano invece alcune aperture al certo decorativismo internazionale.
Molti i ritratti femminili su cui svetta uno dei dipinti più rappresentativi di Giulio Aristide Sartorio e di quella luminosa stagione, detta “di Fregene”, in cui l’artista immortalava la compagna, l’attrice Marga Sevilla, assieme ai suoi bambini. Più corrispondenti al Déco francese invece le opere di Mario Reviglione tra cui Zingaresca e il Ritratto della signora Cavagnari Gori vicino al celebre ritratto della scrittrice Amalia Guglielminetti.
La mostra amplia inoltre gli estremi cronologici finora utilizzati, 1919-1939, includendo gli anni antecedenti il primo conflitto mondiale e contrappuntando il percorso espositivo da alcune puntuali ricostruzioni storiche di occasioni rilevanti come, ad esempio, il Padiglione Italiano alla mostra parigina del 1925, le Biennali di Arti Decorative di Monza, nonché alcuni focus su due personalità influenti degli anni ‘20: la gallerista e couturier Maria Monaci Gallenga e Riccardo Gualino.
Il progetto espositivo è impostato secondo percorso scandito in sezioni tematiche, ma anche ripartito per tecniche. Accanto alla sezione dedicata a Monza 1923-1930 e a Parigi vi sono infatti sezioni dedicate alla pittura, alla scultura, alle arti decorative, alla grafica editoriale e al manifesto.
Ogni sezione è sviluppata considerando un dialogo attivo tra le diverse manifestazioni artistiche: la funzione di questa mostra è quella infatti di porre in risalto il fil rouge del gusto déco italiano, rilevando le necessarie intersezioni di stili e temi guida – come la danza, la maschera e la spinta sintetica nella ricerca formale di animali esotici, ad esempio – che favorì quella ricerca orientata verso una maggiore struttura architettonica e geometrizzazione delle forme; nelle arti decorative l’attenzione al mondo naturale e alle asimmetrie giapponesi andarono sempre più attenuandosi, a favore di un atteggiamento certamente più leggero e sensuale, nel quale è possibile riconoscere evocazioni da stili diversi, dal neoclassicismo al rococò, alle cornucopie rinascimentali e, ancora una volta, alle iconografie delle maschere.
La mostra è accompagnata da un catalogo, edito da Silvana Editoriale, a cura di Francesco Parisi, che presenta saggi del curatore e di Roberto Dulio (architettura), Stefano Andrea Poli (Arti decorative), Manuel Carrera (il ritratto Déco), Alessandro Botta (l’illustrazione) e Mario Finazzi (Futurismo e Déco). Il catalogo è corredato di un ampio apparato scientifico completo di schede critiche delle opere e biografie degli artisti nonché dalla bibliografia di riferimento.
Il Déco in Italia, l’eleganza della modernità è un progetto del Forte di Bard e di Silvana Editoriale. Partner istituzionali
Regione autonoma Valle d’Aosta e Fondazione Crt
Ulteriori informazioni: info@fortedibard.it – www.fortedibard.it.