Parigi rivive al Museo Accorsi-Ometto di Torino con una mostra dedicata a Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Massimo Campigli, Filippo de Pisis, René Paresce, Gino Severini, Mario Tozzi

parigi era viva

Alberto Savinio-Penelope, 1940

Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Massimo Campigli, Filippo de Pisis, René Paresce, Gino Severini, Mario Tozzi sono i protagonisti di “Parigi era viva. De Chirico, Savinio e les italiens de Paris (1928-1933)”, la mostra in corso al Museo Accorsi-Ometto di Torino  (via Po 55; fino al 27 febbraio 2022 – www.fondazioneaccorsi-ometto.it) . Sette artisti che hanno ridisegnato le sorti della5 pittura italiana nel XX secolo, in quel quinquennio d’oro che va dal 1928 al 1933 e in cui si è compiuta l’avventura francese de “Les Italiens de Paris”.
Curata da Nicoletta Colombo e Giuliana Godio, l’esposizione restituisce il clima artistico, propositivo, dialogante e provocatorio, di un crocevia spazio-temporale unico e irripetibile: attraverso una settantina di opere si ritrova quella tensione europeista maturata tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta, un’epoca che vide Parigi farsi scenario di una cultura cosmopolita e interattiva, antitradizionale, in cui maturare il confronto con i
movimenti avanguardisti.

parigi era viva

Giorgio De Chirico-Le muse (Le muse in villeggiatura_ En villégiature), 1927 ca

Il titolo della mostra  si ispira a “Parigi era viva”, autobiografia di Gualtieri di San Lazzaro – celebre scrittore, editore e critico d’arte italiano, emigrato a Parigi – in cui vengono raccontate in terza persona la vita e le vicende lavorative di Picasso, di Matisse e de Les Italiens.
La vicenda del “Gruppo dei sette” inizia ufficialmente nel 1928, anche se tutti i componenti sono presenti e operativi nella Ville Lumière da tempo. Parigi è il sogno e il mito di ogni artista: Severini vi si stabilisce nel 1906; de Chirico vi approda una prima volta nel 1911 per tornarvi nel 1924; suo fratello Andrea (che si sarebbe poi firmato “Alberto Savinio”) vi soggiorna già nel 1910 e nel 1926; Paresce arriva nel 1912, Tozzi e Campigli nel 1919 e De Pisis nel 1925.
Il linguaggio dei “Sept”, al di là delle diversità tematiche e stilistiche individuali, si orienta verso un nuovo classicismo mediterraneo trasognato, con qualche inflessione surreale e neo- metafisica, in equilibrio tra reale e fantastico, storia e mito, tradizione e avanguardia.
Numerose le presenze provenienti da enti museali e istituzionali: Banca Monte dei Paschi di Siena; Banco BPM, Milano; Civica Raccolta MIAC – Museo Novecento, Firenze; Civici Musei di Udine; Collezione Gori, Pistoia; Collezione di Palazzo del Montecitorio-Camera dei Deputati, Roma; CUBO Museo d’impresa del Gruppo Unipol, Bologna; Fondazione Carima – Museo Palazzo Ricci, Macerata; Fondazione Musei Civici di Venezia, Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro; Gallerie degli Uffizi, Galleria d’Arte Moderna, Firenze; Mart – Museo di
Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto; Museo Revoltella, Trieste; Museo del Paesaggio, Verbania; Museo della Collezione Mazzolini, Bobbio; Museo d’arte Moderna e Contemporanea “Filippo de Pisis” – GAMC, Ferrara. Completano la mostra opere di diverse collezioni private.

 

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Massimo Campigli-Violini (Concerto), 1934 ca

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Filippo de Pisis-Strada di Parigi, 1938

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René Paresce-Paesaggio, 1932

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Gino Severini-Pulcinella con clarino, 1929 ca

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Tozzi-Hommage à Claudel, 1930




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