“Oltre lo specchio” a Palazzo Barolo – Una mostra su società e costume nel ritratto fotografico ottocentesco
“Oltre lo specchio Società e costume nel ritratto fotografico ottocentesco” è l’affascinante mostra che dall’1 febbraio al 5 aprile illustra a Palazzo Barolo di Torino (via Corte d’Appello 20/c; informazioni e prenotazioni : tel. 338.1691652 – palazzobarolo@arestorino.it ) la vivace società italiana del XIX secolo, partendo dai ritratti fotografici, rappresentazioni realistiche, veri e propri pezzi di storia. Abiti, occhiali e oggetti preziosi arricchiscono il percorso espositivo, riflesso dei simboli ritratti nelle fotografie. Nessun genere si sviluppò quanto il ritratto fotografico, divenendo parte del costume e indice di una cultura sociale e politica: il suo successo fu tale da decretare un progressivo ampliamento della visibilità delle classi più povere e divenne così testimonianza di vita, presenza e ricordo per la gente comune.
I moderni mezzi di comunicazione rendono oggi l’immagine fotografica immediata, semplice, veloce. Telefoni cellulari di ultima generazione hanno permesso una diffusione esponenziale della cultura dell’immagine. La fotografia oggi riguarda ogni aspetto della nostra vita: una realtà fatta di istantanee che illustrano e descrivono la quotidianità. Una realtà vera e propria, fatta di immagini immateriali, che vivono in un ambiente virtuale, forme digitali, fatte di numeri e codici, che si perdono nella memoria di un cellulare o nella pagina di un social network.
Da questo forte contrasto con la realtà contemporanea, risultano particolarmente affascinanti gli sviluppi unici e irriproducibili dei primi processi fotografici. Proprio al momento storico in cui la memoria visiva è mediata da supporti ottici e magnetici, la magia tattile di un oggetto torna a dispiegare il fascino antico e palpitante dell’esistenza vera.
Per ogni individuo il ritratto ha da sempre rappresentato un bisogno inconscio e latente di lasciare ai posteri un’immagine della propria presenza terrena. L’invenzione della fotografia e il suo rapido sviluppo determinarono nella storia del ritratto una grandissima svolta: la possibilità di rendere accessibile a una parte di popolazione sempre maggiore ciò che fino allora era a uso di pochi, pochissimi eletti. La “rivoluzione fotografica” poté inizialmente contare su un ben determinato pubblico che aveva specifiche esigenze di acquisto, una committenza medio-alta che raggiunta la sicurezza materiale, desiderava affermarsi attraverso segni esteriori.
Lo scopo ultimo del ritratto fotografico non era semplicemente quello di fermare il tempo di un ricordo, piuttosto quello di celebrare se stessi, la propria identità, creare un’opera d’arte al pari del ritratto pittorico. Il ritratto fotografico acquisì fin da subito un valore particolare: uno specchio fedele della realtà; la fotografia non può essere bugiarda, perché è la luce che crea l’immagine, che dipinge i caratteri somatici e l’espressione di un volto, ne individualizza e seleziona i particolari. Seppure manifestazione di intimità, la fotografia era il riflesso di una apparente socialità, resa evidente da segni e simboli. Farsi fare un ritratto diventava più rapido e meno costoso e questo comportò notevoli cambiamenti negli usi e costumi della società di allora, che iniziò a pensare al ritratto non più come un evento eccezionale ma possibile.
Realizzata da Ares snc con la collaborazione dell’Opera Barolo e dell’Associazione per la Fotografia Storica, la mostra curata da Edoardo Accattino, “Oltre lo specchio” è strutturata in due grandi parti, che illustrano la nascita e l’immediato sviluppo nell’alta società del ritratto fotografico, fino all’affermazione nelle classi più povere, decretandone l’evoluzione democratica.
Una sezione preliminare introduce l’esposizione ed è dedicata alla nascita e le diverse soluzioni tecniche dei primi ritratti fotografico, riflesso di una vivacità tecnico-scientifica estremamente ampia e variegata.
Nella prima sezione, gli eleganti ritratti dell’alta società si confronteranno con abiti d’epoca, ombrelli e occhiali. L’immagine ritratta nelle fotografie assumerà la funzione di uno specchio sugli oggetti esposti in sala, espressione della ricchezza e della magnificenza della società europea alla fine del XIX secolo.
Nella seconda sezione si incontreranno i ritratti di persone comuni. Qui si scopriranno le fotografie scattate da Leonilda Prato nel corso della sua attività di fotografa ambulante, svolta tra Piemonte, Liguria e Svizzera nei primi decenni del Novecento: un materiale straordinario poiché documenta non solo un mestiere – per di più svolto da una donna, fatto già di per sé eccezionale – ma un’intera società colta nel passaggio del secolo. Seguiranno i ritratti realizzati da Lorenzo Foglio, postino di Barolo a cavallo tra XIX e XX secolo, che pone l’accento sulla figura della figura umana.
Nel confronto tra le due parti, si osserverà un forte contrasto tra l’ampia e varia esposizione di oggetti nella prima sezione, rispetto ai soli ritratti della seconda. Se abiti, occhiali e oggetti d’uso sono una dimostrazione della vita quotidiana dei ceti più abbienti, per le fasce più deboli la fotografia è l’unico ricordo che ne testimonia la memoria.
“Oltre lo specchio. Società e costume nel ritratto fotografico ottocentesco”, Palazzo Barolo, Torino (via Corte d’Appello 20/c). Dall’11 febbraio al 5 aprile 2020. EVENTI SPECIAL. Visite guidate con il collezionista: 19 febbraio, 12 e 26 marzo alle ore 15.30. Costo 3 euro, prenotazione obbligatoria.
Palazzo Falletti di Barolo a Torino è uno dei più significativi e meglio conservati esempi di residenza nobiliare seicentesca. Alla fine del XVII secolo Ottavio Provana di Druent affidò a Gian Francesco Baroncelli la ristrutturazione del palazzo di famiglia e incaricò artisti lombardi, romani e genovesi per la decorazione dei suoi interni. Alla morte del conte, il Palazzo passò ai Falletti di Barolo che commissionarono a Benedetto Alfieri l’aggiornamento decorativo di alcuni ambienti del primo piano. Gli ultimi proprietari furono Carlo Tancredi e Giulia Colbert di Maulévrier, sposati a Parigi nel 1806 che lo trasformarono nel più celebre salotto torinese del Risorgimento, ma anche un autentico centro di carità cristiana, di innovazione sociale. In quegli stessi anni i Marchesi, legati da un profondo senso di amicizia, accolsero Silvio Pellico, in qualità di segretario e bibliotecario. Dalla morte di Giulia, nel 1864, il Palazzo è sede dell’Opera Barolo, l’Ente creato per disposizione testamentaria al coltivare il patrimonio di valori al servizio della Città. Anche grazie al contributo della Compagnia di San Paolo, della Fondazione CRT e della Regione Piemonte, il Palazzo è stato completamente restaurato. Gli appartamenti storici sono aperti al pubblico come casa museo. Il Palazzo è inoltre sede dell’Archivio Storico delle Famiglie che lo abitarono, del MUSLI-Museo del Libro e della Scuola dell’Infanzia che fa capo alla Fondazione Tancredi di Barolo e, in collaborazione con l’Assessorato alle politiche sociali della Città, del PARI-il Polo delle arti relazionali e irregolari.