DIRITTO E CASTIGO GIUGNO 2024 – Clausole vessatorie: un sintetico confronto tra codice civile e codice del consumo

 

clausole vessatorie

Clausole vessatorie: un sintetico confronto tra codice civile e codice del consumo

DIRIRRO E CASTIGO – RUBRICA LEGALE GIUGNO 2024

Le clausole vessatorie rappresentano un tema cruciale nel diritto civile e nei contratti tra consumatori e professionisti. La disciplina delle clausole vessatorie è regolata principalmente da due fonti normative: il Codice Civile (artt. 1341 e 1342 cod. civ.) e il Codice del Consumo (art. 33 seg. cod. cons.). Queste disposizioni mirano a tutelare le parti contrattuali più deboli, garantendo equità e trasparenza nei rapporti contrattuali.

In generale, potremo definire le clausole vessatorie come quelle condizioni che determinano uno squilibrio del contratto a vantaggio di un contraente e a sfavore dell’altro. Si trovano, con maggiore frequenza, nei contratti in serie o di massa o contratti per adesione (vedasi le condizioni generali di contratto predisposte unilateralmente da una delle parti) e nei contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari (“contratti tipo” impiegati per concludere una serie indefinita di rapporti. Ad esempio i contratti di telefonia).

Il Codice Civile richiama le clausole vessatorie, o, meglio, “onerose”, nell’art. 1341 cod. civ. che disciplina le condizioni generali di contratto, disponendo che debbano essere specificamente approvate per iscritto quelle che stabiliscono, tra le altre cose: limitazioni di responsabilità; facoltà di recedere dal contratto per il solo predisponente; decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni; deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.

La necessità di una specifica approvazione scritta ha lo scopo di garantire che la parte aderente sia consapevole e accetti volontariamente tali condizioni sfavorevoli.

Questa norma si applica ai contratti tra professionisti o imprenditori o consumatori.

Nel caso in cui uno dei contraenti sia un consumatore e l’altro un professionista o imprenditore, si deve far riferimento al Codice del Consumo – D. Lgs 6 settembre 2005, n. 206 – che, all’art. 33 cod. cons, definisce vessatorie quelle clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

La presunzione di vessatorietà comporta la nullità della clausola in difetto di prova contraria da parte dell’imprenditore o del professionista sul fatto che non sia vessatoria o sia stata oggetto di trattativa individuale.

Benché oggetto di specifica trattativa, le clausole contenute nel successivo art. 36, II comma, cod. cons. alla cui lettura rimando, sono sempre considerate nulle, mentre quelle elencate nell’art. 33, II comma, cod. cons., la c.d. “lista grigia”, si presumono vessatorie. Tra queste, quelle che prevedono:

– limitazioni della responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore;

– facoltà del professionista di recedere dal contratto senza un congruo preavviso;

– clausole che impongono al consumatore penali eccessivamente onerose in caso di inadempimento.

Infine, non sono vessatorie (art. 34, III e IV comma, cod. cons.) le clausole che riproducono disposizioni di legge, quelle che siano riproduttive di disposizioni o attuative di principi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti contraenti tutti gli Stati membri dell’Unione europea o l’Unione europea, e le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa individuale.

Oltre al diverso ambito di applicazione, ulteriore differenza tra le clausole vessatorie del Codice civile e quelle del Codice del consumo è data dalla possibilità o meno di estendere in via analogica il loro elenco: possibilità negata per quello delle clausole “onerose” contenuto nell’art. 1341 cod. civ., considerato tassativo, e prevista per quello di cui all’art. 33 cod. cons..

Sotto il profilo delle tutele, il consumatore può adire l’autorità giudiziaria, ma può anche ricorrere ad uno strumento di risoluzione delle controversie alternativo (ADR), presso un apposito organismo.

Una volta ottenuta la declaratoria di nullità, il contratto rimane valido, ma la clausola viene espunta.

Differenze, intersecazioni, similitudini e zone d’ombra tra queste normative rendono necessario, a garanzia della protezione adeguata dei soggetti più vulnerabili, possedere gli strumenti per navigare efficacemente nel complesso panorama del diritto contrattuale.

 

DIRITTO E CASTIGO GIUGNO 2024 – Clausole vessatorie: un sintetico confronto tra codice civile e codice del consumo

DIRITTO E CASTIGO
Rubrica legale a cura dell’avvocato Roberta K. Colosso, patrocinante in Cassazione
info@studiolegalecolosso.it – studiolegalecolosso.it

 

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