La tecnologia si ingoia la nostra anima: una traccia su Luigi Pirandello per la prima prova scritta dell’esame di maturità 2024

esame di maturità

“Notte di lacrime e preghiere”, quella cantata da Antonello Venditti, inno dell’esame di maturità al via oggi, Dopo la fatidica notte,  526317 studenti italiani hanno affrontato la prima prova scritta di italiano. I candidati hanno potuto scegliere tar sette tracce, Anche noi abbiamo rivissuto la nostra “notte prima degli esami” e provato e immedesimarci negli studenti di oggi, anzi di questa mattina. E anche noi abbiamo scelto, La nostra preferita è la traccia su  Luigi Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore, edizione a cura di Simona Micali, Feltrinelli, Milano, 2017, pp.12-14. Il romanzo è stato pubblicato nel 1925 e affronta il tema del progresso tecnologico

L’uomo che prima, poeta, deificava i suoi sentimenti e li adorava, buttati via i sentimenti, ingombro non solo inutile ma anche dannoso, e divenuto saggio e industre, s’è messo a fabbricar di ferro, d’acciajo le sue nuove divinità ed è diventato servo e schiavo di esse.
Viva la Macchina che meccanizza la vita!

Vi resta ancora, o signori, un po’ d’anima, un po’ di cuore e di mente? Date, date qua alle macchine voraci, che aspettano! Vedrete e sentirete, che prodotto di deliziose stupidità ne sapranno cavare. Per la loro fame, nella fretta incalzante di saziarle, che pasto potete estrarre da voi ogni giorno, ogni ora, ogni minuto?

È per forza il trionfo della stupidità, dopo tanto ingegno e tanto studio spesi per la creazione di questi mostri, che dovevano rimanere strumenti e sono divenuti invece, per forza, i nostri padroni.

La macchina è fatta per agire, per muoversi, ha bisogno di ingojarsi la nostra anima, di divorar la nostra vita. E come volete che ce le ridiano, l’anima e la vita, in produzione centuplicata e continua, le macchine? Ecco qua: in pezzetti e bocconcini, tutti d’uno stampo, stupidi e precisi, da farne, a metterli sù, uno su l’altro, una piramide che potrebbe arrivare alle stelle. Ma che stelle, no, signori!

Non ci credete. Neppure all’altezza d’un palo telegrafico. Un soffio li abbatte e li ròtola giù, e tal altro ingombro, non più dentro ma fuori, ce ne fa, che – Dio, vedete quante scatole, scatolette, scatolone, scatoline? – non sappiamo più dove mettere i piedi, come muovere un passo. Ecco le produzioni dell’anima nostra, le scatolette della nostra vita!

 

 




 

 

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