DIRITTO E CASTIGO GENNAIO 2024 – Contestazione lavori edili
Contestazione lavori edili
DIRITTO E CASTIGO – RUBRICA LEGALAE GENNAIO 2024
Può succedere che, terminati i lavori edili che abbiamo commissionato, ci rendiamo conto che non sono stati realizzati in modo corretto, non rispondono alle regole dell’arte, alle disposizioni di legge o alle regole tecniche.
Come comportarsi in questi casi?
Prima di tutto, la normativa distingue a seconda che il nostro contraente sia un artigiano o un’impresa edile.
Nel primo caso avremo un contratto d’opera, nel secondo un contratto d’appalto.
Seppur le prestazioni richieste siano identiche, essendo entrambe connotate dall’obbligo di realizzare un’opera dietro corrispettivo, senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si distinguono a seconda che l’opera sia compiuta mediante un’organizzazione d’impresa oppure con il lavoro personale dell’artefice. Secondo la giurisprudenza, lo spartiacque tra le due fattispecie risiede nella presenza in un caso del lavoro proprio del contraente, a volte coadiuvato da componenti della sua famiglia o da qualche collaboratore, e, nell’altro, di una organizzazione stabile d’impresa, nella quale l’appaltatore si avvale del lavoro subordinato altrui.
Comprendere se ci si trovi di fronte ad un artigiano o a un piccolo imprenditore è necessario in quanto la disciplina codicistica diverge sensibilmente.
Per richiamare due esempi, nel contratto d’opera il committente può fissare un termine congruo per far rispettare le condizioni pattuite, mentre nell’appalto il mancato rispetto dell’impresa provoca de iure la risoluzione per inadempimento (artt. 2224 e 1662 cod. civ.); l’art. 2225 cod. civ. impegna il giudice, nella determinazione del compenso dell’artigiano, a tenere nel conto il valore dell’opera e del lavoro per produrla, mentre l’art. 1657 tace a riguardo dell’impresa.
Soprattutto, sono diversi i termini per la denuncia delle difformità o dei vizi dei lavori.
Per quanto riguarda il contratto d’opera, l’art. 2226 cod. civ. dispone che l’accettazione, espressa o tacita delle opere, liberi il piccolo imprenditore dalla responsabilità per difformità o per vizi della medesima, se all’atto dell’accettazione questi erano noti al committente o facilmente riconoscibili, purché in questo caso non siano stati dolosamente occultati. Inoltre, il committente deve, a pena di decadenza, denunciare le difformità e i vizi occulti al prestatore d’opera entro otto giorni dalla scoperta. L’azione si prescrive entro un anno dalla consegna.
Dunque, tra la scoperta del difetto e la denuncia non possono trascorrere più di otto giorni e se, si vuole far valere le proprie ragioni in un giudizio, occorre attivarsi entro un anno.
Nel caso dell’appalto, la garanzia è ugualmente dovuta, sempre che il committente non abbia accettato l’opera e le difformità o i vizi siano stati da lui conosciuti o fossero riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in mala fede taciuti dall’appaltatore, ma il committente ha a sua disposizione sessanta giorni dalla scoperta per denunciare difformità e vizi a pena di decadenza
Naturalmente, la denunzia non è necessaria se l’appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati.
Ulteriore differenza: l’azione si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell’opera (art. 1667 cod. civ.).
Inoltre, semmai l’appaltatore dovesse chiamarvi in causa per il mancato pagamento dei lavori (malamente) eseguiti, potreste sempre far valere la garanzia, purché abbiate denunciato le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna.
Ricordo che nei confronti dell’appaltatore la legge ha previsto termini più ampi per la denunzia dei vizi e l’esercizio dell’azione risarcitoria riguardo alle opere “di lunga durata”: da un lato il tempo intercorso dalla fine dei lavori entro il quale eventuali difetti possono essere imputabili al committente è di dieci anni, dall’altro il termine entro il quale denunziare all’appaltante i vizi è di un anno dalla scoperta (art. 1669 cod. civ.).
In ordine al significato di “scoperta” dei gravi difetti, la Suprema Corte ritiene che il termine per la denuncia decorra dal giorno in cui il committente abbia conseguito un apprezzabile grado di consapevolezza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti semplici sospetti. Momento che di norma coincide con l’acquisizione di una relazione peritale.
DIRITTO E CASTIGO GENNAIO 2024 – Contestazione lavori edili
DIRITTO E CASTIGO
Rubrica legale a cura dell’avvocato Roberta K. Colosso, patrocinante in Cassazione
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