Venezia e la sua favolosa bellezza – Il Settecento e il mito di una città cosmopolita al Museo Accorsi-Ometto
Di sala in sala, il Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto di Torino (via Po 55 – www.fondazioneaccorsi-ometto.it, scrigno di splendenti meraviglie, si accende di nuovi bagliori e, attraverso un sorprendente allestimento che dialoga con l’esposizione permanente, accompagna, e cattura, il visitatore nel racconto della vita di Venezia nell’ultimo periodo della sua fulgida storia, delineandone la società e mostrandone gli aspetti più affascinanti e curiosi. A quasi un secolo di distanza dalla prima esposizione dedicata al Settecento veneziano, intitolata Il Settecento Italiano e allestita a Venezia nel 1929 – cui lo stesso Pietro Accorsi diede un rilevante contributo – la Fondazione Accorsi-Ometto rende omaggio al mito della Serenissima con la mostra “Venezia nel Settecento. Una città cosmopolita e il suo mito” (20 aprile – 3 settembre), curata da Laura Facchin, Massimiliano Ferrario e Luca Mana.
La produzione artistica veneziana del XVIII secolo è una delle più ricche, variegate e qualificate del panorama europeo. Ai margini della politica internazionale e della grande economia, la città punta sull’aura del suo plurisecolare primato nelle arti visive e musicali e su un’efficace strategia di immagine che ne fanno una delle mete più ambite e predilette del Grand Tour internazionale. Venezia diventa un punto di riferimento per l’Europa intera, in grado di attrarre non solo nobili aristocratici in cerca di svago, ma anche avventurieri, fuoriusciti politici e personaggi del mondo dello spettacolo bramosi di notorietà. Il suo nome è associato al concetto di “prodotto di lusso”, tanto nei campi della pittura e della scultura quanto in quelli delle arti decorative: l’ebanisteria, i tessuti, i merletti di Burano e i vetri di Murano sono contraddistinti dall’alta qualità delle materie prime e dalla finezza della lavorazione. La maggior parte della sua produzione artistica, soprattutto la pittura, è destinata all’esportazione e non on deve, quindi, stupire la quasi totale assenza, in Venezia, di quadri che rappresentino i monumenti e i luoghi più significativi della città. Questi dipinti sono, infatti, indirizzati agli acquisti dei viaggiatori stranieri e alcuni pittori, quali Canaletto e il nipote Bellotto, trascorrono molti anni di attività all’estero.
Se i fasti della pittura veneziana inondano l’Europa, non meno brillanti sono gli esiti della musica e del teatro. La Venezia del Settecento conta ben diciassette teatri, oltre a sale da concerto, locali pubblici e privati detti “ridotti”, ove si esibisce l’orchestra tutta femminile diretta da Antonio Vivaldi, uno dei più fertili e originali compositori del Settecento. Nel 1797, in seguito agli accordi di Campoformio, si conclude la millenaria storia della Serenissima Repubblica di San Marco: Napoleone, cedendo la città e buona parte dei territori di terraferma all’Austria, ne segna la fine. Ma prima di giungere a questa complessa e critica fase, Venezia si propone ancora sulla scena internazionale in una stagione di favolosa bellezza che questa mostra svela, attraverso una selezione di opere per lo più inedite, appartenenti a collezioni private e pubbliche.
L’immagine di Venezia e la sua fama di meta prediletta del Grand Tour vengono restituite attraverso molteplici rappresentazioni: le vedute realizzate dai grandi nomi della tradizione veneziana, come Luca Carlevarijs, Canaletto e Michele Marieschi; le tele a soggetto mitologico e sacro che evocano i maestri “itineranti” come Giambattista Tiepolo; i delicati ritratti di Rosalba Carriera e le celebrazioni del Carnevale e della sontuosa festa della Sensa (Ascensione). La variegata produzione di arredi e di suppellettili veneziani è rappresentata non solo nelle intime vedute di interni, rese paradigmatiche dai Longhi, ma anche dai mobili laccati del Museo Accorsi-Ometto, dai preziosi argenti di produzione lagunare ed ebraica e dalle pregiate porcellane Cozzi Non poteva inoltre mancare un riferimento alla musica e a Vivaldi, che ne è la figura simbolo. Un senso di lenta, ma inarrestabile decadenza ben traspare nelle opere degli artisti della seconda metà del Settecento, da Giandomenico Tiepolo allo zio, Francesco Guardi. Il mito resiste fino alla contemporaneità e viene ripreso dalle due tele di Giorgio de Chirico che, con uno stupefacente coup de théâtre, concludono la mostra.
La mostra è suddivisa in nove aree tematiche. LA CITTÀ NEL SETTECENTO: simboli e allegorie. L’emblema di Venezia che meglio ne celebra la potenza e la storia millenaria è il Leone, simbolo dell’Evangelista Marco, patrono della Serenissima, riprodotto continuativamente per secoli in numerosissimi luoghi, ma anche sugli oggetti, come nel caso della preziosa legatura in argento esposta in mostra o del gruppo in porcellana della rinomata manifattura Cozzi. Qui all’animale è associata la figura femminile con il tipico corno dogale e la cornucopia da cui fuoriescono
monete, richiamo alla vocazione mercantile di Venezia che ne garantì, nel tempo, la prosperità.
ARTE A VENEZIA: i grandi maestri. Una serie di tele a soggetto mitologico e sacro, contraddistinte da quella lievità di tavolozza e da quella grazia del segno tipiche della pittura veneziana, evoca la lunga e fortunata stagione che, dalla fine del Seicento, vide numerosi artisti di origine veneziana, come Giambattista Tiepolo, impegnati nella “grande decorazione” ad affresco di luoghi di culto e, soprattutto, di residenze principesche in tutta Europa. La fama internazionale dei maestri veneziani “itineranti”, oltre che alla pittura “di storia”, è legata anche alla ritrattistica, in particolare di piccolo medio formato, eseguita a pastello, di cui fu ambasciatrice, tra le più celebri artiste donne del secolo, Rosalba Carriera. LA CITTÀ NEL SETTECENTO: la visione degli artisti e dei viaggiatori. L’immagine di Venezia che i turisti del Grand Tour diffusero, attraverso acquisti e commissioni, in tutta Europa nel corso del XVIII secolo e che godette di cospicui rimandi nella letteratura e nelle gazzette dell’epoca, viene restituita attraverso una serie di vedute che rappresentano i suoi edifici più noti, dalla basilica di San Marco al Palazzo Ducale, dal ponte di Rialto alla chiesa di Santa Maria della Salute, e furono realizzate sia dai grandi nomi della tradizione veneziana, da Luca Carlevarjis a Canaletto a Michele Marieschi, sia dagli artisti europei che soggiornarono nella Serenissima.
ARTE DI VIVERE E SOCIETÀ NEL SECOLO DEI LUMI. I grandi eventi del calendario annuale. Nel calendario dei viaggiatori del XVIII secolo, Venezia doveva essere vista in diversi momenti dell’anno: dal celeberrimo Carnevale, in febbraio, denso di feste e spettacoli, all’altrettanto emozionante e sontuosa festa della Sensa (Ascensione), con il rito dello Sposalizio del Mare, che aveva luogo il giovedì dopo la quinta domenica di Pasqua, senza dimenticare le celebrazioni per la festa del patrono San Marco. Momenti cardine della socialità cittadina furono spesso illustrati in dipinti, come quelli qui esposti, ricchi di minuziosi dettagli che restituiscono la varietà degli apparati e la ricchezza dell’abbigliamento esibito. All’opposto, le vedute di interni, rese paradigmatiche dai Longhi, riflettono una sensibilità tipica del pieno Settecento che ricerca una dimensione più intima e privata dell’abitare.
ANTONIO VIVALDI E LA GRANDE TRADIZIONE MUSICALE VENEZIANA. Gli itinerari sulla Laguna prevedevano, spesso, la partecipazione ad intrattenimenti musicali: dalle esecuzioni, tipiche della tradizione veneziana, che si svolgevano presso gli istituti assistenziali dove giovani orfane si esibivano in spettacoli canori graditi all’aristocrazia e ai numerosi viaggiatori, alle “accademie” musicali organizzate nelle dimore del patriziato veneziano, tutte
erano raffigurate ripetutamente nelle scene di genere dei Longhi. Figura simbolo del “secolo d’oro” della musica a Venezia è, naturalmente, Antonio Vivaldi di cui la mostra non manca di fornire testimonianza. ARREDARE GLI SPAZI: mobili e oggetti d’arte a Venezia nel Settecento. Alle vedute di interni, si abbina una serie di elementi d’arredo che testimoniano l’eccellenza dei minusieri veneziani, in particolare nel settore del mobile laccato. Questo trova le proprie radici nell’amore tutto settecentesco per la chinoiserie, mentre la perizia tecnica si esprime sia nella
sinuosità delle forme che nella qualità dei decori floreali policromi su tonalità chiara, dai gialli agli azzurri. All’apparente “semplicità” di questi arredi si accostano preziose suppellettili, tra le quali spiccano, per qualità, i lavori degli argentieri lagunari. LA TAVOLA. Una tavola imbandita con le porcellane di una delle più antiche manifatture veneziane, fondata nel 1765, testimonia il primato della Serenissima anche in questo importante settore delle arti
applicate. Infatti, Venezia fu l’unica realtà europea, insieme alla Sassonia, a vantare manifatture famose per le pregiate paste dure, per le quali era impiegata, materia prima locale, ovvero il caolino del Tretto. Geminiano Cozzi, di origini modenesi, ma naturalizzatosi veneziano, oltre che brillante imprenditore, capace di promuovere con svariati mezzi la produzione delle sue manifatture a livello internazionale, fu una personalità dai molteplici interessi, in ambito scientifico, occupandosi anche di ricerche nel settore botanico e agricolo, dalla coltivazione degli agrumi al tabacco. VENEZIA EBRAICA. La presenza della comunità ebraica a Venezia, che risale al X secolo, raggiunse il suo culmine nel corso del Seicento. In età barocca e nel primo rococò anche nelle residenze del ghetto si
potevano trovare importanti testimonianze di quelle “arti del lusso” che caratterizzarono l’immagine internazionale della Serenissima e che sono rappresentate in mostra da una serie di preziosi argenti. LA NOSTALGIA DI UN TEMPO FUGGITO: Venezia dalla fine del Settecento alla contemporaneità. A seguito degli esiti della guerra di Candia, dopo la metà del XVII secolo, il patriziato veneziano cominciò a realizzare l’inevitabile declino politico e finanziario della Serenissima Repubblica di Venezia, che proseguì lungo tutto il XVIII secolo, mitigato, sul fronte economico, dall’indotto del Grand Tour e dal mantenuto prestigio internazionale in ambito culturale e artistico. Questo senso di una lenta, ma inarrestabile decadenza ben traspare nelle opere di alcuni artisti della seconda
metà del Settecento, dalle disincantate interpretazioni della storia contemporanea di Giandomenico Tiepolo alle vedute di Venezia, rese con una pennellata franta e brumosa, dello zio, Francesco Guardi, preludio della fine della storia millenaria della Serenissima. Il mito di Venezia, tuttavia, non verrà dimenticato e sarà perpetuato nel tempo da innumerevoli artisti: perfino da Giorgio de Chirico che, con uno stupefacente coup de théâtre, conclude la
mostra.