“Rinascimento privato” al Museo Accorsi-Ometto – Da Spanzotti a Defendente Ferrari nelle Collezioni piemontesi

 

Rinascimento privato

Bernardino Lanino, Gesù fra i dottori

Giovanni Martino Spanzotti, Giovanni Canavesio, Gandolfino da Roreto, Gerolamo Giovenone, Bernardino Lanino e Defendente Ferrari sono solo alcuni dei protagonisti di “Rinascimento privato –  Da Spanzotti a Defendente Ferrari nelle Collezioni piemontesi”, la nuova mostra,  a cura di Serena D’Italia, Luca Mana e Vittorio Natale,  che la Fondazione Accorsi-Ometto (Museo di Arti Decorative Accorsi -Ometto, via Po 55 – www.fondazioneaccorsi-ometto.it ) propone all’interno delle sue sale fino al 29 gennaio.  I

l titolo – citazione da Rinascimento privato, titolo del sontuoso romanzo di Maria Bellonci, Premio Strega 1986 –  sintetizza bene l’obiettivo dell’esposizione: raccontare l’evoluzione della pittura piemontese tra la metà del Quattrocento e la metà del Cinquecento, con una trentina di opere provenienti esclusivamente da collezioni private, alcune delle quali storiche. Oggetto di studi già a partire dalla fine del Settecento, quando si intraprendono le prime ricerche su Gian Giacomo de Alladio detto Macrino d’Alba, la pittura rinascimentale piemontese si sviluppa intorno ai decenni centrali del XV secolo, grazie al contributo fondamentale non solo di opere provenienti dall’estero, come i trittici fiamminghi commissionati dai ricchi banchieri chieresi, ma anche grazie alla presenza di capiscuola come Antoine de Lonhy e Giovanni Canavesio che sanno imporre uno stile diverso dal vecchio linguaggio figurativo tardogotico. È, comunque, verso la fine del Quattrocento che la moderna pittura prospettica si impone definitivamente in Piemonte: grazie a maestri come il già citato Macrino d’Alba e Giovanni Martino Spanzotti, si diffondono sul territorio le novità romane e lombarde che diventano imprescindibile bagaglio conoscitivo e formativo per molti pittori della generazione successiva, quali Defendente Ferrari e Gandolfino da Roreto, autori di indimenticabili scene in bilico tra onirico e reale.

La mostra, suddivisa in sei sezioni, si apre con i Precursori, Giovanni Canavesio, Tommaso Biazaci
e Andrea de Aste. Del primo è esposta una tempera su tavola raffigurante un Santo vescovo (Sant’Agostino?) della fine del XV secolo. Giovanni Canavesio (Pinerolo prima del 1450-1500), noto soprattutto per aver affrescato la cosiddetta “Cappella Sistina delle Alpi”, nel Santuario di Notre Dame des Fontaines in Val Roya, dalla metà del ‘400 si trasferisce in Liguria dove assorbe le novità dei maestri fiamminghi presenti sul territorio tra Genova e Savona. Del secondo, invece, troviamo San Nicola di Bari, databile intorno al 1470. Tommaso (documentato tra il 1465 e il 1488) e Matteo Bizaci o Biazaci, originari di Busca, come Canavesio, si trasferiscono in Liguria incontrando i favori dei banchieri liguri e diventando il trait d’union tra le novità fiamminghe e la pittura piemontese. Mentre di Andrea de Aste (attivo tra Genova e Napoli nella prima metà del XV secolo) incontriamo parte di un politico di un dossale d’altare con le figure di San Giovanni Battista e San Domenico con San Nicola di Bari e San Lazzaro.
Il Salone Cinese è dedicato ai Committenti, ben rappresentati nell’affresco di Tommaso (e Francesco?) Cagnola con Madonna in trono tra San Nicola da Tolentino e santo vescovo, della seconda metà del XV secolo, o nelle due opere di Oddone Pascale realizzate tra il 1530 e il 1550.
In questa sala si trovano anche i Grandi polittici tra scomposizione e ricostruzione: ne sono un esempio le due ante, una raffigurante i Santo tebeo e San Lorenzo, di proprietà della Fondazione Accorsi-Ometto, l’altra con San Nicola di Bari, di proprietà privata, facenti parte di un polittico eseguito da Giovanni Martino Spanzotti e da Defendente Ferrari tra il 1496 e il 1500. O ancora le due ante dipinte da Pietro Grammorseo che rappresentano i Santi Stefano e Gregorio e i Santi Tommaso e Rocco.
Giovanni Martino Spanzotti (Varese? 1450 circa – Chivasso? tra il 1525 e il 1528), diventando interprete del rinnovamento portato dal Rinascimento in Piemonte, influenza profondamente gli artisti locali del periodo, tra cui lo stesso Defendente, suo allievo, grazie alla puntuale rappresentazione della vita quotidiana, alla cura per la riproduzione prospettica delle architetture e un’attenzione tutta nuova per la figura umana.
Nella sezione Arredare decorando si trovano due splendidi fronti di cassoni nuziali: il primo raffigura tre armigeri, proviene dalla collezione Vittorio Tornielli, l’architetto ingegnere che costruì il castello di Cereseto, per poi passare nelle collezioni Gualino. Il secondo frontale, con una delicata Annunciazione, fu comperato da Pietro Accorsi ed esposto da Vittorio Viale alla mostra sul Gotico e Rinascimento nel 1938.
La quinta sezione Immaginare la santità è dedicata al culto e alla devozione attraverso opere di Antoine De Lonhy, Gandolfino da Roreto, Gerolamo Giovenone, Oddone Pascale, Ottaviano Cane e Raffaele Giovenone.
Antoine de Lonhy (documentato in Borgogna dal 1446) è un artista poliedrico: pittore, miniatore, maestro di vetrate, scultore e autore di disegni per ricami, lavora nel Sud della Francia e in Spagna, entrando in contatto con la cultura fiamminga, mediterranea e savoiarda. Trasferitosi nell’area torinese dagli anni Sessanta del Quattrocento, porta con sé una concezione europea del Rinascimento e un nuovo linguaggio artistico.

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Gerolamo Giovenone, Madonna con Bambino

Gandolfino da Roreto (documentato tra il 1493 e il 1518), partendo da una formazione genovese e milanese, lavora per le principali famiglie aristocratiche di Asti, sua città di origine, e attiva un’importante bottega. La cultura figurativa dell’Italia nord-orientale, pervasa di modelli fiamminghi, influenza la sua opera, soprattutto, nella minuziosa trascrizione del paesaggio e nella resa particolareggiata dei corpi e degli oggetti presenti nei suoi dipinti. Gerolamo Giovenone (Barengo 1490 circa – Vercelli 1555), principale esponente della famiglia che per tre generazioni fu il caposcuola della pittura vercellese, intorno agli anni Venti del Cinquecento si allontana dai grafismi di Defendente Ferrari e di Spanzotti e abbandona le preziose calligrafie nordiche, per dipingere panneggi gonfi, colori vividi, trasparenze e figure più monumentali con maggiore aderenza allo stile gaudenziano.

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Defendente Ferrari, Presentazione al Tempio

La mostra si conclude con la sezione dedicata a Defendente Ferrari e la pittura rinascimentale in Piemonte tra tradizione e innovazione, con opere anche di Giovanni Martino Spanzotti, Gerolamo Giovenone e Bernardino Lanino. Defendente Ferrari (Chivasso fra il 1480 e il 1485 – Torino 1540 circa), formatosi nella bottega di Giovanni Martino Spanzotti, ha notevole successo come autore di polittici e di pale d’altare, incontrando con il suo stile, ricco di preziosismi decorativi e di colori smaltati, derivanti dalla tradizione nordica, il favore di una larga committenza ecclesiastica nel Piemonte occidentale sino al termine della sua attività (ca 1535).
L’esposizione, attraverso le opere di questi straordinari pittori, intende, così, indagare i vari aspetti della storia artistica rinascimentale piemontese, quali la produzione figurativa, i rapporti tra botteghe e la fortuna collezionistica, partendo dagli esordi, riconducibili alla metà del Quattrocento, e approfondendo dinamiche e linguaggi.

 




 

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