A GARDEN OF MY OWN, Emanuela Bernascone – Andy Warhol icona pop a Padova, sorpresa nella sorpresa
Come spesso succede, i piani B sono le sorprese meglio riuscite. Metti che tu abbia deciso di andare a Venezia per il fine settimana (sì, sarebbe la terza volta di quest’anno, ma di Venezia non se ne ha mai abbastanza…) e metti che al telegiornale, la sera precedente, ti allarmino informandoti sulla possibilità di acqua alta (ma questo benedetto Mose s’alza o non s’alza?!). Decidi allora di rinunciare a Venezia, ma non ai cicchetti, e prenoti dunque a mezz’ora da lì, nella città di Padova.
Non ero mai stata a Padova e ora, dopo averci trascorso due giorni intensi, mi chiedo come mai. La cittadina è deliziosa, tracce del suo ricco passato culturale sono sparse ovunque: dai 12 km di portici risalenti all’epoca medievale, alla sua università – una delle prime in Europa – dove insegnò Galileo Galilei, ai siti Patrimonio dell’Umanità Unesco come l’orto botanico e il commovente ciclo pittorico di Giotto all’interno della Cappella degli Scrovegni.
Non paga di tutta questa bellezza mi sono spinta sino al Centro Culturale Altinate a visitare la mostra Andy Warhol. Icona pop, e questa è stata la seconda sorpresa più riuscita. A essere onesta mi aspettavo la solita mostra di Warhol: molte Marilyn, un po’ di Campbel soup e qualche ritratto di personaggio famoso. E in effetti ho ritrovato tutto ciò, ma insieme a opere meno conosciute e più particolari, grazie al taglio critico della curatrice Simona Occioni.
L’esposizione è divisa in sei aree tematiche, a partire da una sezione in cui è ritratto – e autoritratto – l’artista. Ho molto apprezzato l’approfondimento del contesto e soprattutto delle connessioni con gli artisti suoi contemporanei, perché l’opera di Warhol è un tutt’uno con la sua vita e le sue esperienze, partendo dalla Factory per arrivare agli anni d’oro dello Studio 54 di New York.
Interessante la stanza dedicata a Warhol e la musica, con le copertine prodotte da lui e la lettera che Mick Jagger gli scrisse per chiedergli di creare la copertina del successivo album dei Rolling Stone; stupendo il focus MONDI FANTASTICI con un inedito Warhol alle prese col mondo della fantasia grazie ad alcune litografie acquerellate degli anni ’50, gli anni dei suoi esordi come disegnatore commerciale, e le due serie di quattro serigrafie dedicate a Hans Christian Andersen del 1986, pochi anni prima della sua morte, probabilmente parte di una riflessione autobiografica sui travagliati anni dell’infanzia.
Impressionante il progetto LADIES AND GENTLEMEN, 250 ritratti di drag queens e donne trans latine e afroamericane, commissionato dal gallerista Luciano Anselmino negli anni ’70, anni in cui la comunità LGBTQ iniziò a sentirsi meno in pericolo nelle grandi città americane e a esibire la propria sessualità con fierezza. Warhol ricevette dal gallerista circa 900.000 dollari per la produzione delle 105 tavole, probabilmente uno dei suoi lavori meglio pagati. Egli trasformò le 14 modelle incontrate al Gilded Grape, un locale vicino al suo studio, in dive, giocando con pose teatrali e appariscenti. Molto intriganti sono i lavori in acetato dove le medesime modelle, scevre dei colori del trucco pesante trasmettono, in un drammatico bianco e nero, la propria carica espressiva e personalità.
Dopo i quadri iconici di Warhol e la critica sommessa alla società consumistica americana sottolineata dalla frase “Spendere è molto più americano di pensare”, chiude la mostra una sezione di fotografie dello Studio 54, con le testimonianze della varia umanità che lo frequentava e della carica creativa che lo abitava.
Decisamente un salto a piè pari nella vita di Warhol, oltre che nella sua opera, da cui si esce con un filo di tristezza, lo stesso filo che fa da conduttore a tutta la produzione del genio della pop art, anche e soprattutto laddove essa è ricoperta di lustrini che le danno un’aria fintamente superficiale.
Un piano B coi fiocchi!
Emanuela Bernascone
A garden of my own, quinta puntata – Le puntate precedenti: ottobre 2022 Sarà una settimana Torinissima; settembre 2022 Superficie di Olivier Norek, un libro che ti strega; agosto 2022 Greta e le Gallerie d’Italia a Torino; luglio 2022 Smon Hantaï alla Fondation Louis Vuitton a Parigi; giugno 2022 Diplomatija astuta
A garden of my own. Ho pensato a lungo a come intitolare la mia rubrica su Ieri Oggi Domani. e alla fine la descrizione che mi è parsa più pertinente è A garden of my own; non dovrei spiegarlo, perché è così che si fa, lasciando al lettore la curiosità e il divertimento di immaginare la causa recondita e anche la soddisfazione nel pensare di aver indovinato la motivazione. Ma io sono malata di comunicazione, nel senso che amo comunicare e ho bisogno che il messaggio arrivi forte e chiaro, senza incomprensioni; quindi eccomi qui a illustrare la mia scelta: è palese il riferimento a “A room of own’s own”, di Virginia Woolf, però io ho deciso di uscire dalla stanza per entrare in un giardino, il mio giardino. Uscire allo scoperto quasi, in un luogo tutto mio dove ospitare le passioni che mi animano; quindi qui seduti sull’erba parleremo di arte -naturalmente- e di libri, serie televisive e viaggi, ma anche di tutto ciò che attira, per un motivo o per l’altro, la mia attenzione. Comincio io a raccontare, in attesa di ricevere da qualche lettrice o lettore suggerimenti di argomenti che le o gli stanno particolarmente a cuore, perché in questo mio giardino c’è posto per tutti e niente mi riempie di gioia come ospitare gli amici in casa mia!
Torinese, Emanuela Bernascone negli ultimi 30 anni ha lavorato nella comunicazione culturale, viaggiato molto con la numerosa famiglia e a settembre è uscito il suo primo romanzo, frutto, ça va sans dire, di un viaggio: “Malta bastarda”.