Primo contributo alla conoscenza delle farfalle notturne del Parco naturale del Po piemontese: i sorprendenti risultati di tre anni di ricerca

farfalle

Foto di Elio Cazzuli (Archivio Ente di gestione Aree protette del Po piemontese)

Le farfalle notturne, piccoli meravigliosi esseri che meritano di essere conosciuti meglio: i risultati di uno studio durato dal 2019 al 2021, svolto dal ricercatore Piero Varalda con la collaborazione di Elio Cazzuli, sono un primo importante contributo sugli eteroceri delle Aree protette del Po piemontese.

“Anche se a causa delle restrizioni ai movimenti delle persone dovute alla pandemia i campionamenti di primavera e di inizio estate non si sono svolti – dicono dall’Emnte-Parco – , abbiamo il primo elenco di 350 specie, di cui 201 macrolepidotteri e 149 microlepidotteri“. Nell’uso corrente con micro si intendono le farfalle notturne di piccole dimensioni comprese nei gruppi di Lepidotteri che vanno dai Micropterigidi ai Piralidi e Crambidi, mentre sono esclusi Cossidi e Zigenidi. Con macro invece si intendono le farfalle notturne di grandi dimensioni comprese in tutti gli altri gruppi, dai Drepanidi ai Nottuidi. Va tenuto presente che se le 201 specie ”macro” rappresentano una significativa parte della loro reale consistenza, le 149 specie ”micro” non danno che un quadro parziale del loro numero effettivo, tuttavia è ipotizzabile che questo primo elenco rappresenti un terzo  del totale delle specie di Eteroceri che costituiscono la biodiversità complessiva del territorio preso in esame.

L’Ente di gestione delle Aree protette del Po piemontese ha voluto e seguito passo passo questo studio, che rientra nell’obiettivo 15 dell’Agenda 2030 UE “Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre”, questi dati infatti sono fondamentali per i ripristini ambientali, in quanto la progettazione viene fatta anche tenendo in conto delle esigenze delle singole specie.

Il territorio analizzato comprende il Parco naturale del Po piemontese nel tratto di compreso tra le confluenze con la Dora Baltea e con la Sesia, la ZPS (Zona di Protezione Speciale) ”Palude San Genuario” in comune di Fontanetto Po, la ZSC (Zona Speciale di Conservazione) e ZPS ”Fontana Gigante” nel comune di Tricerro e la ZSC e ZPS “Bosco della Partecipanza di Trino”, per uno sviluppo di circa 40 km in linea d’aria nel Piemonte centro-orientale. Questi ultimi tre siti sono in gran parte compresi nel Parco naturale del Bosco della Partecipanza e delle Grange vercellesi. Tutti i principali ambienti del fiume sono stati esaminati: boschi e vegetazione ripariali, lanche e aree rinaturalizzate, boschi planiziali xerofili e mesofili – definiti tali in considerazione del gradiente di umidità del terreno, rispettivamente più o meno elevato – gerbidi, prati seminaturali, rive di rogge e canali e stagni.

Nei confronti delle falene sono state usate tutte le accortezze possibili: per attrarle non sono state infatti usate trappole perché in quel caso tutti gli insetti caduti al suo interno sarebbero stati uccisi, ma una lampada a vapori di mercurio da 80 W che ha illuminato la notte e un telo bianco. In questo modo sono stati fotografati tutti i “macro“ e un buon numero di “micro“ a riposo sul telo; parte di questi ultimi sono stati poi raccolti per consentire la determinazione certa della specie, che può avvenire solo attraverso preparati microscopici degli apparati genitali maschili o femminili.

I risultati sono sorprendenti ed è davvero notevole il numero di specie rare legate agli ambienti umidi o palustri, tra le altre Eucarta amethystina la cui larva predilige piante della famiglia delle Silaum, Daucus, PetroselinumPhragmataecia castaneae e Senta flammea i cui bruchi vivono sulla comune canna di palude ma la loro presenza sta diventando sempre più rara e sporadica per il taglio di questi vegetali, lungo canali e strade campestri, con strumenti invasivi che insieme ai vegetali distruggono le forme di vita a loro legate; danni ancora peggiori sono causati dagli incendi delle canne secche in primavera.

 




Proserpinus proserpina in Europa è rigorosamente protetta dalla Direttiva Habitat 92/43/CEE, allegato IV (specie animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa). Difficile osservarne gli adulti a causa delle loro abitudini crepuscolari e per il loro ridotto fototropismo (cioè la possibilità di attirarle con la sorgente luminosa). Le loro larve si cercano quasi esclusivamente di notte, perché durante il giorno restano nascoste alla base della loro pianta nutrice.

Piuttosto rare sono anche Leucania obsoleta i cui adulti alle nostre latitudini sono in volo in aprile-giugno e in luglio-agosto e Phragmatiphila nexa le cui piante alimentari sono la poa, il carice e la tifa.

Ma il vero e proprio gioiello è la rarissima Diachrysia zosimi che nella bassa pianura vercellese è rarissima se non sporadica e in precedenza era stata osservata una sola volta una trentina di anni fa alla Cascina Saletta di Costanzana a circa 15 km in linea d’aria dalla nuova stazione di San Genuario a Crescentino.

“Questo studio – concludono dall’Ente-Parco – conferma dunque l’importanza di conservare ambienti naturali poco o nulla modificati dalle attività umane ma anche la necessità di ricreali e di rigenerarli: le aree cosiddette “marginali” in realtà sono preziose zone di rifugio, anche al mutare delle condizioni ambientali o di irraggiamento; dimostrazione ne è il ritrovamento del piccolo gracillaride Ornixola caudulatella trovato, per la prima volta in trent’anni, nell’area rinaturalizzata “ex Brusaschetto nuovo” nel comune di Camino. Non resta che continuare così, visto che la natura sembra darci ragione”.

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Foto di Elio Cazzuli (Archivio Ente di gestione Aree protette del Po piemontese)

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