Un’accoglienza inaspettata – Il centro di Tra Me nell’esperienza di una tirocinante (sesta parte)
Un’accoglienza inaspettata – Sesta parte
Toc Toc
Chi è?
Il lupo mangia Sprar, ah no Siproimi, ah no Sai.
Un giovedì mattina tranquillo. Io e Sara, l’assistente sociale, ci prepariamo per accompagnare uno dei nostri ragazzi, un cantante curdo, in via Bologna 51. «Scusa Sara, ma cosa c’è esattamente laggiù?». «Quello è l’ufficio Servizio Stranieri e Minoranze Etniche del comune di Torino. Noi stiamo accompagnando Vakkas al colloquio per l’inserimento in SAI».
«Le assicurazioni?».
«Sarebbe simpatico, ma no. Il SAI – Sistema di accoglienza e integrazione – è il nipote dello SPRAR – Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati – ed il figlio del SIPROIMI – Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati -. Un’evoluzione di diversi Decreti-legge diventati poi Legge». «Hai mai sentito parlare del Sai?».
Se non per l’assicurazione della macchina, no, penso.
«Il SAI è un progetto di accoglienza di primo e secondo livello.
Per primo livello s’intende un progetto che accoglie i richiedenti asilo durante tutta la procedura per la domanda di protezione internazionale. Segue i ragazzi come facciamo noi qui a Tra Me, dalla cura delle questioni legali e sanitarie, ad un primo approccio con la lingua italiana ed un inserimento sociale nel territorio.
Un’accoglienza di secondo livello rimanda invece a persone che hanno già ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale, cioè che hanno ottenuto il permesso di soggiorno elettronico. Queste persone, una volta ritirato il documento, possono scegliere se rendersi definitivamente autonome ed indipendenti, o se preferiscono avere ancora un periodo di sei mesi in cui trovare una sistemazione, un lavoro e, perché no, perfezionare la lingua. Il SAI è un servizio fondamentale per molti. Prevede un’integrazione linguistica e lavorativa che nei CAS non si riesce a fornire. È l’attimo prima di spiccare il volo verso questa libertà che si sono sudati così tanto. È il coronamento di un’attesa che è durata fin troppo».
Che colloquio stiamo andando a fare noi quindi? Continuo a domandarmi.
«Ogni progetto di accoglienza, su richiesta dei beneficiari, può presentare una domanda per l’inserimento in SAI. Bisogna allegare la documentazione del ragazzo e una relazione in cui si racconta il percorso di accoglienza fatto dal suddetto. Dopodiché, si viene convocati in Via Bologna 51, dove si svolgeranno i colloqui di presentazione ed inserimento».
Servono dei requisiti per accedere?
«Questo progetto è un’opportunità, un premio, dunque vi accedono le persone che hanno avuto un buon percorso di integrazione. Una relazione di presentazione scritta male da uno di noi, può giocare sul futuro di uno dei ragazzi. Il mancato inserimento in SAI significa che il beneficiario ha cinque giorni di tempo, dal ritiro del permesso di soggiorno elettronico, per uscire dal centro di accoglienza e… buona vita».
Sono emozionata da un lato e spaventata dall’altro. Saliamo in macchina. Sara mi dice di chiedere a Vakkas di farmi sentire qualche suo pezzo. Lui mi mostra un video di The Voice Turchia. Era uno dei concorrenti. Era molto bravo. Canta un pezzo curdo. Viene eliminato immediatamente dal programma.
Parcheggiamo la macchina.
Vakkas ha il sogno di andare in Germania, perché è la patria degli artisti emergenti. Della musica. Qualunque giovane musicista va a Berlino a tentare la fortuna. Anche lui vuole andare. Ha degli amici là. Ha la musica con sé. Vuole cantare per il suo popolo. Vuole urlare per la sua terra. Ha una voce così delicata. È la voce di un bambino che durante la guerra ferma il tempo con la sua melodia. Una passione che si è fatta forza e speranza e coraggio.
Più vado avanti in questa gabbia di matti e più mi sembra di vivere in un film. A volte drammatico, a volte comico. Una trama che muta ogni giorno. Personaggi che entrano e personaggi che escono. Voci che lasciano l’eco e corpi che riempiono spazi. Ricettacoli di storie di ogni genere e di ogni paese. Non c’è un inizio, né una fine. È una fiaba che parla di generazioni passate e future, di memoria storica, di ricordi.
Siamo seduti di fronte ad una signora che inizia a parlare.
Benvenuti dice.
È iniziato il colloquio.
Sesta parte – La storia continua sul prossimo numero.
Testo di Adele De Pasquale, foto di Orlando Morici.
A cura di Adele De Pasquale.
Tirocinante a Tra Me – Carignano
Via Silvio Pellico 28 – www.tramecarignano.org