Il compito non facile dei maschi – Riproponiamo un intervento di Nanni Passerini, in suo ricordo e per riflettere in occasione del 25 novembre
A novembre del 2017 moriva Nanni Passerini, storico presidente del Circolo Legambiente Il Platano e, tra i suoi molteplici impegni, anche nostro collaboratore. Sono passati quattro anni ma il suo ricordo resta più che mai vivo, così come i suoi numerosi scritti, che riletti oggi sorprendono per la loro aderenza all’attualità.
Come questo intervento che vi riproponiamo, pubblicato sul numero di gennaio 2015. Traendo spunto da un terribile fatto di cronaca, accaduto a Colonia, in Germania, dove nella notte di San Silvestro decine di donne furono molestate e aggredite sessualmente, Nanni ci invitava a riflettere sulla necessità, per i maschi, di ridefinire il proprio ruolo nei confronti del femminile. Valeva sei anni fa e vale ancora, in Italia e nel mondo, e assume un significato particolare rileggerlo ora, in occasione del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Mi fermo un attimo sui fatti di Colonia. Mi ci fermo da maschio con tutti i limiti che questo può comportare.
Mentre scrivo non è chiaro cosa sia successo lì ed in altre città del centro Europa, quello che so è che a decine di donne è stata fatta una violenza inaudita ed inaccettabile da parte di probabili immigrati nord africani e mediorientali per cui si è ricorsi, qui da noi, all’ormai consueta bagarre contro migranti ed islamici.
Allora primo, in un paese dove un giorno sì e uno no il “fidanzato” assassina, stupra, sfigura con l’acido la sfortunata donna che ha l’unica colpa di non aver capito chi aveva davanti quando l’ha incontrato, bisognerebbe essere molto cauti nell’attribuire ad “altri” la patente di criminali misogeni.
Secondo, non ci siamo ancora liberati oggi dal fatidico “un po’ se l’è cercata” o “della minigonna troppo mini” che continua a giustificare il branco che aggredisce la ragazzina, quindi evitiamo i moralismi.
Terzo, ci si è già dimenticati che c’erano “cristiani” di osservanza cattolica o ortodossa che stupravano le donne mussulmane in Bosnia non molto tempo fa?
Il corpo delle donne è da sempre campo di battaglia in tutte le guerre, anche in quelle civili, anche quelle quotidiane della sopravvivenza perché è il luogo della generazione, l’unico strumento disponibile al maschio della perpetuazione di sé, per questo era (è?) legittimo farlo proprio, violarlo; per questo, compito tra i primi di ogni istituzione religiosa e civile è tutelarlo. Ma poiché le religioni e gli stati sono ormai da millenni presidio dei maschi la tutela consiste nell’imprigionare al massimo possibile quel corpo, darne la tutela alle vesti, alle mura domestiche, alla morale delle leggi generate tramite il dominio maschile, al pregiudizio verso quel corpo che è da sempre l’origine di tutti i mali (Eva, Pandora).
L’evoluzione illuministica, il mondo nuovo borghese che ne deriva liberando l’Uomo ne ha riconosciuto i diritti prima civili e poi sociali, ha avviato un processo di liberazione dell’altra parte di umanità che è la donna, ma è un processo lento poco uniforme di cui oggi scontiamo tutte le contraddizioni.
Ed è proprio la mancanza di laicità dalle fedi, religiose o laiche che siano, che mette a rischio quella che pomposamente ed impropriamente chiamiamo la civiltà occidentale, che altro non è che l’acquisizione progressiva, e non solo occidentale, di diritti di cittadinanza.
Accettazione dell’altro non può voler dire accettare la riduzione in un qualsiasi modo dei diritti individuali, la rinuncia ad affermarne di nuovi, non possiamo accettare che a qualcuno si imponga un matrimonio o una convivenza con la coercizione, che gli si impedisca di fare sport perché è un ambiente promiscuo o musica perché non piacerebbe a qualche religioso come non possiamo imporre a qualcuno una sessualità nella quale non si riconosce.
I maschi hanno oggi il compito non facile di ridarsi un ruolo nei confronti del femminile che è estraneo a tutte le culture, che nelle nostre società si fa più stridente e aggressivo probabilmente proprio perché da noi le donne hanno già largamente maturato la giusta coscienza di sé e sanno, più che noi maschi, che tutto quello che è costrizione, discriminazione, marginalizzazione, separazione, diseguaglianza è violenza ed è generatore di violenza anche se deriva dallo stato, dal religioso, dal “padre”. Le donne non si possono più conquistare o tenere con la forza come fossero città per i capitani di ventura o i califfi medievali, bisogna che come maschi volenti o nolenti, europei o africani, ce ne facciamo una ragione.
Nanni Passerini, gennaio 2015