CARIGNANESI SI NASCE SCRITTORI SI DIVENTA – Graziella Brusa, “I fantasmi di Apollonia Birot”

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CARIGNANESI SI NASCE
SCRITTORI SI DIVENTA
A cura di G.R.

Graziella Brusa “I fantasmi di Apollonia Birot”

A ogni incontro con la primavera / non so star quieta – sorge il desiderio / antico, un’ansia mista ad un’attesa, / una promessa di bellezza / e una gara di tutto il mio essere / con qualcosa che in essa si nasconde./ Quando la primavera svanisce / v’è il rimorso di non averla guardata abbastanza. (Emily Dickinson).
A dispetto delle tribolazioni dell’umanità la natura si risveglia e crea. La primavera è tornata col suo passo a tratti esitante, a volte prepotente. Viene a illuminare coi suoi colori questo mondo sbiadito. E noi che calpestiamo la terra da millenni, anche in questi tempi, ne percepiamo il potere ineluttabile.
Nascere o rinascere è spesso un processo doloroso e turbolento e, a volte, lo si può trovare tra le pagine di un libro. Nei racconti di vita, nella storia di altre vite vissute o soltanto immaginate. Perché siamo fatti di carne e sangue ma viviamo di sogni e ricordi.
Oggi facciamo due chiacchiere con Graziella Brusa, una penna nostrana che ci porta indietro nel tempo, attraverso “strane e crudeli vicende di una dinastia di contadini” a Carignano.

Chi è Graziella Brusa? Quando è scoccata la scintilla per la scrittura?

 




Son nata nel 1964 nel vecchio ospedale di Carignano. Mi sono laureata in Scienze Politiche ad indirizzo sociologico con una specializzazione in comunicazione. Vivo ad Alpignano, alle porte della Valle di Susa.
Prima della scrittura è scoccata la scintilla della lettura.
La lettura stimola, fa sognare, intrattiene, insegna, è memoria, talvolta è così importante che può persino modificare l’esistenza, segnare un cambiamento.
Questo ha significato per me.
Ho iniziato a leggere spedita a sette anni, nei primi anni settanta del secolo scorso. Il mio primo libro è stato Pinocchio e mi era stato regalato alla Prima Comunione e visto che non demordevo, i miei zii hanno continuato a regalarmeli; così ho collezionato Alice nel paese delle Meraviglie, Pollicino, Hansel e Gretel, Moby Dick e così via. Poi sono passata ai fumetti ed ai racconti per ragazzi. Ai miei tempi c’erano I fotoromanzi, leggevo anche quelli. Saggi, poesie; se c’era un pezzo con su scritto qualcosa doveva essere letto, immediatamente.
Avida, di lettura.
Stiamo parlando di una bambina che viveva in un paese della bassa pianura padana, in provincia di Torino, i cui genitori non erano diplomati, né avevano il tempo di leggere; appartenevano alla generazione definita della ricostruzione.
Il lavoro occupava tutto il giorno e per lo svago non restava granché. Non parliamo poi di “ritagliarsi uno spazio per sé”, proprio non esisteva il concetto.
Solo la domenica pomeriggio, mio padre si concedeva quell’oretta, dopo pranzo, per leggere il quotidiano. Gli interessava l’attualità, si aggiornava leggendo “La Stampa” oppure guardando la televisione. Mia madre, invece, non ha mai letto un romanzo intero in vita sua.
Mi ricordo che dopo la Messa, celebrata in “Duomo” a Carignano, mio padre mi comprava il Corriere dei Piccoli, così, per imitarlo, leggevo anch’io sul tavolo con lui, nel pomeriggio domenicale.
La scrittura è arrivata dopo; ho sempre avuto degli ottimi insegnanti di italiano. Alla mia epoca si studiava il latino alle medie ed a me piaceva impararlo perché comprendevo da dove derivasse la nostra magnifica lingua italiana. Peccato che non fa più parte dei programmi scolastici.
Poi ho continuato a scrivere in segreto. La scrittura può essere fatta anche per un solo lettore. Te stesso.
Diventando più grande ho frequentato corsi di scrittura creativa (organizzati dalla rivista letteraria Inchiostro), di fotografia a Torino da Phlibero e di organizzazione di eventi culturali, sempre a Torino, a Palazzo Bricherasio.
Forse è perché appartengo alla generazione dell’identità, una sottoclasse di quella nutrita schiera di baby boomers, per una visione della vita maggiormente centrata su obiettivi personali, che mi sono messa in gioco, provando a scrivere per un pubblico vero e proprio.

A cosa serve la scrittura al giorno d’oggi? Si può dire che il suo ruolo sia cambiato?

Siamo nell’era della comunicazione. Corsi di comunicazione, di scrittura, di disegno, di qualsiasi cosa che soddisfi un desiderio di realizzazione. Si lavora meno ore, si ha più tempo per se stessi, per la propria realizzazione personale. Così ci sono più scrittori, ma non sono sicura che ci siano altrettanti lettori. Esiste un modo nuovo di uso del tempo libero sempre più assorbito dalle navigazione in rete e dall’uso di social network ed in cui molto spazio viene rubato ad attività che presuppongono una concentrazione prolungata.
Già, la concentrazione prolungata richiede fatica; di questi tempi si ha più tempo e più fretta e si devono fare, costi quel che costi, più cose. Leggere un libro presuppone lentezza, scriverlo è un lavoro lungo, faticoso e solitario; metti e togli la cera per l’appunto.
Gli scrittori, attualmente, hanno un diverso rapporto con l’editore, tanto da farne a meno.
Sono nate tante piccole case editrici che offrono agli scrittori i loro servizi editoriali, oppure sono editori a pagamento e si trasformano in tipografie.
È nato, in questi ultimi anni “il business dell’ambizione letteraria”, definizione proposta proprio da un mio amico scrittore che ha già al suo attivo alcuni libri.
Una sovrapproduzione narrativa contornata da una folta schiera di professionisti della scrittura. Questi ultimi si propongono per fornirti qualsiasi servizio a prezzi ragionevoli.
L’avvento della modalità “applicazione” seriale si applica, appunto, ad ogni servizio che si possa standardizzare e può essere proposto come in un grande magazzino, rappresentato in questo caso dalla Rete.
Gli scrittori si autopubblicano e diventano imprenditori di se stessi. In Italia, tuttavia, sembra che questa cosa non abbia troppo successo e sia considerata di “bassa qualità”.
E’ abbastanza chiaro che per fruire dei contenuti digitali lo smartphone sta assumendo un ruolo predominante. Per verificare questo basta salire su una Metro o un bus al mattino. Su questo dispositivo si legge, si gioca, si passa agevolmente dall’ebook, all’audiolibro, ai video. E non è un caso se i maggiori consumatori di libri si trovino proprio tra i i fruitori di Youtube.
Lo stesso si dica per gli spettatori di serie in streaming: il 68% di chi ha letto un contenuto narrativo (cartaceo, audio o ebook) è utente delle pay tv.
Ad esempio, io lo sono, e leggo su tutti i supporti così come guardo le serie e i film in streaming.
La serialità, il raggiungere i lettori in qualunque momento e luogo si trovino, per catturare un attimo di attenzione, stanno giocando un ruolo fondamentale per il successo di una storia (non del libro).
Ritengo che abbiamo un infinito bisogno di storie, ma non so come evolverà l’editoria. Viviamo in un momento di grande trasformazione in tutti I settori della vita.

Il tuo romanzo I fantasmi di Apollonia Birot è la storia di una famiglia carignanese attraverso quasi tre secoli. Come è stato percorrere questo viaggio nel tempo?

Abbastanza difficile, direi. Viaggiare nel tempo, in modalità narrativa, è come fare un viaggio a ritroso in noi stessi. Un grande privilegio, a mio parere. Le domande sono le stesse di sempre: Perchè sono qui? Arrivata proprio a questo punto?. Non appartengono solo ad Apollonia, se ci pensiamo bene sono di tutti.
Le vite dei personaggi del mio romanzo sono abbastanza simili a quelle di altre persone che abitavano i dintorni in quelle epoche. Esso riguarda il genere “memoir” che serve, prima di tutto, a toccare il cuore degli altri valorizzando la propria esperienza, dando senso al proprio agire. È come una sbirciatina in un momento di vita in cui esperienze personali o storiche te l’hanno modificata, irreparabilmente. Dopotutto i ricordi sono un qualcosa di prezioso da cui gli altri possono imparare. Rappresentano lo sviluppo dell’umanità, una storia universale.
Ho riflettuto molto sulle vite dei Birot, alquanto differenti dalla mia. Ognuno dovrebbe fare questo esercizio con la propria storia. È curativo oltre che di intrattenimento.

Qual è stata la sfida più grande nello scrivere un libro di questo genere?

Cercare a tentoni, con l’aiuto del solo lume della scrittura, il filo logico racchiuso nelle vite dei protagonisti che si dipana da una matassa di colore rosso sangue. Il colore della vita.

Chi è Apollonia Birot? Qual è il messaggio che vuole lasciarci?

Apollonia Birot è una donna che dai suoi antenati ha ereditato un compito. Attraverso le tracce scritte scovate, per miracolo, deve chiedere perdono non solo per i Birot, ma per tutti. Per l’umanità intera. Ognuno ha il proprio campo di battaglia che corrisponde all’epoca in cui vive; quello che hanno vissuto I Birot, ma anche tanti altri carignanesi ed italiani è stato tragico. All’inizio del Novecento I Birot sono passati dentro la pandemia di Spagnola, negli stessi anni del III millenio siamo dentro ad un’altra pandemia influenzale. Non così drammatica, no di certo. Comuqne curioso, fa pensare.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Scrivere un’antologia di racconti per bambini che ha come protagonista un topo di nome Mussnoir. Un topo magico, naturalmente. Ignaro di esserlo, naturalmente, ed in cerca della sua identità.
Inoltre in questi mesi di lockdown avendo un grande vuoto da riempire, il freddo invernale e l’isolamento mi hanno portato ad una “sovrapproduzione” di pensieri, scrittura e di web ed allora ho ideato il mio blog “Le storie di Nina” che potete trovare all’indirizzo www.lestoriedinina.com. L’idea è questa e potrebbe essere una risposta alla domanda relativa all’utilità della scrittura ai giorni nostri, che mi sono posta io stessa: “senza intermediari si offrono al pubblico delle storie. Possono essere poesie, racconti, romanzi, storie fotografiche e video. Brevi o a puntate; come in una rivista dell’Ottocento queste storie sono illustrate. Possono essere lette, possono essere ascoltate, possono essere guardate, durante il tempo della disattenzione quotidiana. Vale a dire quando si fa anche qualcos’altro e voi sapete quante cose oggi si svolgono contemporaneamente: correre, muoversi verso il lavoro, “cincischiare” con il telefono, attendere il proprio turno. In modo da riempire quella disattenzione con l’attenzione ad un contenuto. Il vuoto per il pieno. Inoltre si possono condividere, regalare, possono rievocare una memoria perduta. Proprio in quel momento di assenza e regalare una sensazione di benessere, perché la lettura, talvolta, può anche curare.”
Non ultimo sto riordinando le carte per la continuazione della storia di Apollonia Birot, tuttavia è un compito difficile e non sono ancora pronta.

Qual è il tuo luogo preferito di Carignano?

Ho lavorato, molti anni fa, presso l’ospedale di Carignano, allora sede del Servizio di Igiene Pubblica, e quando uscivo dalla porta principale ammiravo i ruderi della chiesa di San Remigio. Abbandonata a se stessa ed al tempo e me la immaginavo splendida sulla collinetta con la scalinata che faceva da viale. I Birot devono sicuramente averla vista funzionante e magari alcuni di loro furono sepolti nel vicino cimitero, prima del suo spostamento fuori dal paese. Adesso noto con piacere che è iniziato un lavoro di recupero e spero di vederla finita, di salire la gradinata e di ammirare il suo interno. Proprio come hanno fatto I Birot e I carignanesi di una volta.

Cosa vorresti che non cambiasse mai della nostra cittadina?

Il riguardo verso la sua storia e le sue tradizioni. Portato avanti con la cura degli edifici, delle strade, dei dipinti e delle opere d’arte. Con il lavoro dei volontari che si prestano a raccontare ai visitatori quello che successe. Con tutti i cittadini che scendono in campo per organizzare le manifestazioni. Sono anche contenta che sia stato aperto un Museo. Infine non posso dimenticare anche la tradizione teatrale carignanese.

Lascia un pensiero ai carignanesi.

Ricordo che avevo circa tredici anni quando ho assistito alla prima pièce teatrale del regista Vincenzo Gamna. Tutta la comunità di Carignano era stata coinvolta sia nell’organizzazione che nella realizzazione stessa. Si svolse nella bellissima piazza davanti al Duomo, con lo sfondo l’imponente chiesa progettata dall’Alfieri. Un dramma basato sulla vita contadina e sugli eroi di tutti di tutti I giorni. Rimasi stupefatta ed emozionata; un pò assomiglia alla storia dei Birot. Mi piacerebbe che Carignano riproponesse un tale “risorgimento” alla fine di questo periodo che stiamo vivendo caratterizzato da isolamento e solitudine.
Un altro dramma per esorcizzare e riunire.

Graziella Brusa

Graziella Brusa, “I fantasmi di Apollonia Birot” , Araba Fenice, 2018. In vendita on line e nelle librerie (anche da Il Ghirigoro a Carignano, via Savoia 13).

 

 

 

 

 

 

 

carignanesi si nasce scrittori si diventa

Chi sarà la prossima penna sotto la lente di Carignanesi si nasce… ?
Stay tuned! Buona primavera a tutti!
G.R.

Le interviste precedenti:

Marzo 2021 Gigi Demagistri

 

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