Verso il referendum – I NOSTRI LETTORI CI SCRIVONO

i nostri lettori ci scrivono

Pochi giorni ci separano dal referendum di domenica 20 e lunedì 21 settembre sul taglio dei parlamentari. Le ragioni del sì e le ragioni del no si rincorrono, si intrecciano, si alternano. La Redazione pubblica su queste pagine, ancora per qualche  giorno, le opinioni di tutti i lettori che desiderano, attraverso un loro scritto, esprimere il proprio punto d vista. Ieri Oggi Domani ovviamente  (preferiamo comunque precisarlo) non si schiera ma dà il proprio contributo in termini di informazione, presupposto per un voto consapevole,   e offre quindi il proprio spazio per un dibattito aperto e rispettoso delle idee di ciascuno. Le eventuali lettere devono essere inviate esclusivamente a redazione@ierioggidomani.it.

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Marco Cignetti.

Domenica prossima gli italiani voteranno per decidere se far entrare in vigore una modifica alla  Costituzione già votata dal Parlamento (SI), oppure non farla entrare in vigore (NO). Questa modifica  riguarda essenzialmente la riduzione del numero dei parlamentari.
Sovente accade che nei referendum le motivazioni di voto sulla legge da approvare o respingere siano  inquinate da aspetti politici più generali, che hanno a che fare con la legge solamente in via indiretta: il  timore sulla tenuta del governo, ad esempio, è un argomento molto utilizzato dai sostenitori del “SI”.
La mia intenzione è votare NO, e vorrei illustrarne le ragioni, partendo dalla questione specifica della  riduzione del numero dei parlamentari e tralasciando ragionamenti strettamente “politici”, anche perché se ci saranno problemi di tenuta del governo, sarà a causa dell’esito delle elezioni amministrative nelle  regioni in cui si vota e non a causa di una eventuale vittoria del “NO” nel referendum.
Il punto di partenza è una domanda apparentemente banale: qual è (o quali sono) i compiti di un  Parlamento?
Direi che sono fondamentalmente tre: fare le leggi, decidere chi governa e poi controllarlo.
Un Parlamento deve ovviamente essere rappresentativo ma questa, più che una funzione, dovrebbe  essere una sua caratteristica, ed anche sotto questo profilo, la riduzione del numero dei parlamentari  porta con sé qualche criticità.
Il primo compito (fare le leggi) è sostanzialmente definito e regolamentato dalla Costituzione stessa.
Il secondo (decidere chi governa) deriva solo in parte dalla Costituzione, e molto di più dai meccanismi elettorali, fissati da una legge ordinaria.
Il terzo (la funzione di controllo) è poco regolamentata e viene svolta più o meno bene a seconda di  numerosi elementi, che vanno dai regolamenti parlamentari alla capacità del singolo parlamentare di  andare a fondo nei vari temi che affronta.
Nel caso specifico del referendum di domenica prossima, l’analisi del primo dei tre compiti citati (fare le  leggi) mi sembra l’aspetto più rilevante.
Iniziamo con una domandina molto facile: è vero che il Parlamento fa le leggi?
Temo che dovremmo rispondere sconsolatamente con un deciso “NO”.
Il Parlamento vota le leggi alla fine di un percorso poco trasparente, scarsamente efficiente e poco  democratico, per una serie di ragioni che tutti conosciamo, ma che vorrei riassumere.
A. Le scelte politiche fondamentali di ogni nuova legge in realtà vengono decise in un consesso del tutto informale, variamente denominato nel corso degli anni: “vertice di maggioranza”, “conferenza dei capi delegazione” (di maggioranza, ovviamente), “cabina di regia”, ecc.
B. Una parte cospicua della nostra legislazione è fatta di decreti legge e decreti delegati. Nel primo caso, un ramo del parlamento li discute e li modifica, l’altro li ratifica: c’è poco tempo, vanno convertiti in legge entro 60 giorni. Il nostro bicameralismo “perfetto” (è chiamato “perfetto” perché i due rami del parlamento fanno sostanzialmente le stesse cose), in realtà è un bicameralismo a corrente alternata,
e questa è una delle cause dei banchi vuoti in parlamento che vediamo talvolta in TV. Per i decreti delegati il problema è molto simile, perché in genere le leggi-delega assegnano un termine per la loro approvazione, e inoltre prevedono pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia, la cui importanza è illustrata qui di seguito.
C. Le commissioni parlamentari hanno un ruolo rilevante nel lavoro di “scrittura” delle leggi. E’ un lavoro complesso, con un elevato grado di tecnicità. A causa di quanto illustrato prima, il lavoro dei parlamentari diventa “interstiziale”: le scelte strategiche le ha fatte la “cabina di regia”, il tempo è poco, bisogna lavorare su un testo bell’e pronto, magari scritto dalle burocrazie ministeriali… Per ilsingolo parlamentare è più semplice “infilarsi” nell’iter legislativo (decreti legge e decreti delegati compresi) e portare avanti le istanze e gli interessi dei propri gruppi sociali di riferimento, piuttosto che lavorare al miglioramento complessivo del provvedimento in elaborazione. Sia chiaro: molti parlamentari lavorano anche per migliorare le norme, ma il “sistema” non spinge in questo senso, semmai va in direzione opposta. Ecco spiegato il motivo per cui una legge nasce con un certo numero di articoli o di commi, ma talvolta esce dalle aule con un numero doppio o triplo.
Tutto questo per dire una cosa che a questo punto è ovvia: se nel nostro paese il legislatore non è il parlamento, la riduzione del numero dei parlamentari sarà inutile, se non dannosa: se passa la riduzione,
ogni singolo parlamentare dovrà far parte di un numero maggiore di commissioni e a risentirne sarà la qualità della legislazione, già molto bassa.
La strada maestra per migliorare la funzionalità del parlamento, non è la riduzione dei parlamentari, ma la riduzione dei Parlamenti, come era previsto dalla riforma del 2016, respinta dagli italiani. L’analisi storico-politica di quella fase della nostra storia, non interessa in questo momento. Interessa invece evidenziare che chi vota “SI” a questa riforma pensando ad un miglioramento della funzionalità del nostro
parlamento, sarà certamente in buona fede, ma cade in una pia illusione.
Vorrei esporre ancora una considerazione più generale: se guardiamo a come si è evoluto il nostro sistema istituzionale nel tempo, vediamo che una serie di spazi di democrazia si sono ridotti, e che si sono accentuate caratteristiche di tipo “oligarchico”. A parte il fatto che il legislatore non è più il parlamento, vi sono elementi che tendono a caratterizzare in senso maggiormente oligarchico tutto il nostro sistema
democratico. Ne cito alcuni:
– le “liste bloccate”
– il fatto che non è più possibile esprimere preferenze alle elezioni politiche
– l’eliminazione dei consigli provinciali, importante riferimento politico per i Sindaci dei comuni
– la concentrazione di potere e di funzioni in grandi enti (una volta il Sindaco di un comune aveva più voce in capitolo su funzioni “basiche”, come la raccolta rifiuti o l’acquedotto)
– il funzionamento interno degli stessi partiti, nei quali si creano gruppi dirigenti non coincidenti con i relativi organismi statutari. Su quest’ultimo punto, purtroppo, abbiamo avuto parecchi esempi all’interno di tutti i partiti, chi più, chi meno.
A ben vedere, questo tema in parte coincide con quello della cosiddetta “casta” e trovo singolare che i principali sostenitori del “SI” siano proprio coloro che hanno messo la lotta alla “casta” al centro della loro azione: in un sistema oligarchico, la tentazione dei leaders politici di circondarsi di yes-men è forte, e la riduzione del numero dei parlamentari non riduce questa criticità, anzi, l’accentua. Dire “NO” a questa
riforma significa anche dire “NO” alla prosecuzione della degenerazione in senso oligarchico del nostro sistema, e quindi è anche un “NO” alla “casta”.
E poi, non pensiamo che un parlamento ridotto nel numero dei componenti sappia autoriformarsi e riformare il sistema! Anche questa sarebbe una pia illusione.
Se poi devo dirla tutta, penso che comunque vincerà il “SI”, ma anche se vincesse il “NO”, sarebbe piccola cosa rispetto al problema della deriva oligarchica del nostro sistema, che purtroppo è una tendenza di lungo periodo (e non solo italiana).

Vale comunque la pena lanciare dei segnali.

Marco Cignetti
PD Carignano

Per scrivere a Ieri Oggi Domani: redazione@ierioggidomani.it.



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