Aperilibro con Giorgia Würth: l’ironia, una buona base per discutere di cose serie

Aperilibro con Giorgia Würth

Giorgia Würth_e Maurizio Liberti (foto Enrico Perotti)

Non c’è dubbio. Se sei una donna di spettacolo, quando sali sul palcoscenico ti diverti. E sai far divertire. Giorgia Würth, mercoledì 27 novembre, è salita sul “palcoscenico” della sala Monviso della Cascina Vigna di Carmagnola per l’ultimo aperilibro stagionale del Gruppo di Lettura di Carmagnola ed è stato subito spettacolo. In un battito di ciglia ha trascinato Maurizio Liberti nel protagonista di un talk show divertente che ha coinvolto in uno scambio di battute il pubblico femminile e maschile, in un’atmosfera da commedia leggera che in questo periodo tardo autunnale, umido e uggioso, fa tanto bene.

Serata leggera l’Aperilibro con Giorgia Würth? Sicuramente sì, sinceramente no.

Aperilibro con Giorgia Würth

Giorgia Würth(foto Enrico Perotti)

Perché se l’affascinante scrittrice, ma anche attrice, regista, conduttrice televisiva, ex modella, ha sicuramente il dono di entrare in simpatia con la platea, i suoi tre libri sono una cosa seria. Non tanto per il modo in cui sono scritti, ironici e scorrevoli, ma per i temi trattati. Il libro d’esordio “Tutta da rifare” (Fazi – 2010) racconta il difficile amore adolescenziale di Lorenzo per la compagna di scuola Sole che ama i numeri e non i libri, con questi ultimi che le servono unicamente come peso da mettersi in testa per evitare di stare gobba. Una storia comune a moltissimi adolescenti che nemmeno con il passare degli anni e il trasformarsi del fisico del proprio ideale sentimentale cessano di fantasticare la loro dea dell’amore. E spesso di inseguire. Ne “L’accarezzatrice” (Mondadori – 2014) Giorgia Würth tratta il tema della sessualità nella disabilità. “Un tema – come afferma la stessa scrittrice – che si va a scontrare con molti tabù che ancora oggi ci circondano in Italia”. L’autrice lo fa in maniera romanzata con la protagonista, l’infermiera Gioia, che si trova ad affrontare la crisi della perdita del lavoro, un padre malato e l’abbandono da parte del fidanzato e risolve parte dei problemi accettando il lavoro a Bellinzona (Svizzera) di assistente sessuale di un anziano signore gravemente malato. Storia ambientata in Svizzera, in quanto in Italia la trama non sarebbe stata assolutamente credibile, per l’impossibilità di operare di queste figure. Nello stesso tempo un libro che ci pone davanti al grave problema di accettare il bisogno di sessualità che non ha limiti di tempo (età) e di condizione fisica (handicap).


(foto Enrico Perotti)

La terza fatica di Giorgia Würth è un parto recente e si intitola “Io, Lui e altri effetti collaterali” (Noeditore – 2019) e affronta il tema dei rapporti sentimentali femmina-maschio con la protagonista Vera, quarantenne felice (“nulla di autobiografico” afferma la Würth anche se quando ha iniziato a scriverlo si stava avvicinando alla soglia dei quarant’anni) che precipita improvvisamente nel baratro del ritrovarsi sola. Una storia che ci viene quotidianamente proposta dalla letteratura dal cinema e dalla vita, ma che nelle parole, politicamente poco corrette (ed è una fortuna) della scrittrice genovese (con papà svizzero) trovano una nuova espressione, con continui colpi di scena (a iniziare da un mancato suicidio, ma se fosse riuscito come avremmo potuto leggere le altre pagine?) al burrascoso rapporto tra i due sessi; universi che secondo l’autrice sono “complementari a volte, ma di solito incompatibili”. Parole di Giorgia Würth. Il tutto costruito con il gusto dell’auto ironia, che alleggerisce decisamente le pagine e spinge il lettore a passare in quella successiva per scoprire l’evolversi della storia di Vera e del suo misterioso Lui.

(foto Enrico Perotti)

Una storia che Giorgia Würth ha definito non autobiografica, anche se probabilmente scritta sull’onda della rabbia di una relazione dolorosamente finita.  “Mi ha fatto molto male”, ha sottolineato più volte riferendosi a quello che non è più il suo Lui, alla quale è così affezionata da definire il libro “il mio terzo figlio” che va a fare compagnia ai due gemellini di quasi due anni, nati quando la stesura stava volgendo al termine. Un lavoro che ha talmente coinvolto la scrittrice da non cederlo a nessuna casa editrice (Noeditore che si legge in copertina è solo un modo ironico per dire che non ci sono case editrici a supportarlo) e che le fa dire “amo troppo questa storia per scendere a compromessi con un editore”. Un amore per i suoi libri tale da spingere Giorgia Würth a riacquistare i diritti de “L’accarezzatrice” per riproporlo a breve edito da lei stessa in un nuovo formato.

(foto Enrico Perotti)

(foto Enrico Perotti)

Questa è Giorgia Würth. Che mercoledì scorso ha raccolto l’entusiasmo dei presenti in Sala Monviso e si è dimostrata sorridente e disponibile ad autografare le copie che molti si sono voluti portare a casa. Anche quelli che non stavano soffrendo  terribili pene d’amore. E quasi tutti desiderosi di scattare una foto a fianco di una splendida ragazza. Non solo maschi. E l’ha fatto anche chi scrive.

(Aperilibro con Giorgia Würth – comunicato stampa Gruppo di Lettura Carmagnola)

 

Dopo l’Aperilibro con Giorgia Würth, il prossimo sarà mercoledì 29 gennaio 2020, ore 21:  “Galateo per ragazze da marito” di Irene Soave. Cos’hanno in comune le ragazze da marito di oggi e quelle di ieri? Non poco: la “donna di una volta” è una mitologia attualissima, e il beau mariage un sogno riportato in voga dalla crisi. Tanto vale allora studiarne le regole alla fonte: una collezione di manuali per signorine e signore pubblicati fra l’Unità d’Italia e il Sessantotto. Non ci sarebbe poi molto da ridere, in quei manuali che nel corso della modernità hanno cercato di codificare la figura di una ragazza ideale: timorata delle tradizioni, ben disposta alla repressione dei propri istinti e tesa alla soddisfazione dell’unico desiderio che le è concesso – un buon matrimonio. Quando però gli stessi manuali arrivano a configurare le civetterie di una “bellissima donna dell’età della pietra” si intuisce che per renderli un deposito fossile a grande potenziale umoristico basta farne una lettura contemporanea: fresca, pratica, colta, critica ma affettuosa. È la lettura che Irene Soave ha dato a questi testi: lei è la Lettrice Modello che da Monsignor della Casa a Donna Letizia queste pagine hanno atteso per decenni, se non secoli. Una ragazza arrivata al mondo quando ognuna delle norme tradizionali era già stata trasgredita e molte erano anzi rientrate in vigore più o meno tacitamente; e una ragazza che usa il suo sense of humour per comparare la passata normativa all’almeno apparente deregulation attuale. Matrimonio, verginità, reputazione, prostituzione, dignità, libertà, lavoro, sesso e piacere: questioni colossali che la briosa scrittura di Irene Soave attraversa senza banalità, snocciolando i dilemmi della sua amletica leggera. Non: essere o non essere; ma: esserci o farci? Cercarlo o non cercarlo (il marito)? Visitare i luoghi comuni vecchi e nuovi per scegliere quali rifuggire e quali invece adottare e adattare, per farli propri. Le ragazze da marito esistono ancora. E i ragazzi da moglie? 

Appuntamento alle ore 21 nella Sala Monviso della Cascina Vigna di Carmagnola (via San Francesco di Sales 188). Costo della presentazione-laboratorio 1 euro. Prenotazioni: tel. 392. 5938504.

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