DIRITTO E CASTIGO – Anche la locazione può essere… promiscua
Anche la locazione può essere… promiscua
Si presenta nel mio studio un professionista il quale, avendo la necessità di trasferirsi e di trasferire in zona la propria attività, mi domanda come possa regolarsi a livello normativo, essendo in trattativa per “affittare” un immobile classificato come A3 o A4, insomma ad uso abitativo, abbastanza spazioso da poter permettere l’utilizzo di due vani come ufficio.
E’ necessario premettere che le locazioni ad uso abitativo e le locazioni ad uso diverso sono regolate da discipline sostanzialmente difformi: le prime, salvo alcuni richiami alla pregressa normativa, dalla L. 431/98, le seconde dalla L. 392/78, nota come legge equo canone. Si pensi, ad esempio, alla durata del rapporto locatizio che per le locazioni ad uso non abitativo è di sei anni nel caso di attività commerciali in senso stretto o quando si eserciti lavoro autonomo; di almeno nove anni nei casi specifici in cui l’immobile sia adibito ad albergo o simili, oppure ancora sia utilizzato per l’esercizio di attività teatrale, mentre per le locazioni ad uso abitativo a canone libero (che rappresenta il contratto tipo), la durata minima è di quattro anni che alla scadenza vengono rinnovati almeno per altri quattro. In entrambi i casi il proprietario alla prima scadenza può decidere di non rinnovare il contratto solo se ricorrono le ipotesi espressamente previste dal legislatore, ma per le prime detta volontà va comunicata al locatario almeno 12 mesi prima, nelle seconde il preavviso è ridotto a sei mesi. Vi sono poi differenze in ordine al recesso del conduttore, all’indennità per la perdita di avviamento, alla sanatoria della morosità nella procedura di sfratto…
Insomma, le perplessità mostrate dal mio assistito sulla fattibilità di un unico contratto di locazione, per così dire, “a più usi” e sulla disciplina da utilizzare erano tutt’altro che infondate.
A dire il vero, il nostro ordinamento riconosce la locazione ad uso promiscuo, anche se non la norma, legittimandola attraverso il richiamo all’ art 80 della legge 392/1978, per cui: “Se il conduttore adibisce l’immobile ad un uso diverso da quello pattuito, il locatore può chiedere la risoluzione del contratto entro tre mesi dal momento in cui ne ha avuto conoscenza e comunque entro un anno dal mutamento di destinazione.
Decorso tale termine senza che la risoluzione sia stata chiesta, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all’uso effettivo dell’immobile. Qualora la destinazione ad uso diverso da quello pattuito sia parziale, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all’uso prevalente”. Questa disposizione viene interpretata riconoscendo la possibilità che fin dall’inizio del rapporto locatizio possa essere previsto dalle parti contraenti un uso eterogeneo dell’immobile, regolato dalla disciplina relativa a quello prevalente concordato, a meno che, avendo il conduttore adibito l’immobile ad uso diverso, non debba assumere rilievo l’uso effettivo. Appare, dunque, del tutto lecito destinare una porzione dell’immobile a studio professionale, mantenendo la prevalente funzione residenziale, ma questo è sufficiente?
Direi che per evitare sorprese è bene controllare che tale uso non sia espressamente vietato dai Regolamenti Urbanistici Comunali e, se l’alloggio è inserito in un contesto condominiale, dare una lettura al Regolamento per sincerarsi che non non vi siano limiti all’utilizzo dei locali. Inoltre, restano ferme le regole generali relative alle immissioni intollerabili da tener presenti nel caso in cui l’attività comporti contatto con il pubblico, sia per il transito di terze persone nelle parti comuni dell’edificio, sia per eventuali attività svolte all’interno dei locali. Qualche condomino potrebbe trovare da ridire…
Controllato il tutto e anche la possibilità di esporre targhe su quella che, di fatto, resta un’abitazione (chiedete in Comune per evitare sanzioni), sarebbe bene inserire nel contratto una dicitura che precisi che la destinazione dell’immobile sarà in parte rilevante ad uso di abitazione del conduttore e suoi aventi causa e, in parte minore, non prevalente, ad uso diverso dall’abitazione, specificando l’attività del professionista.
Nota bene: se state pensando di utilizzare la locazione promiscua per evitare il cambio d’uso del vostro alloggio, vi suggerisco di rifletterci perché la diffusione di una prassi non fa venir meno il suo carattere illecito.
DIRITTO E CASTIGO
Rubrica legale a cura dell’avvocato Roberta K. Colosso
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