COME ERAVAMO / GIUGNO – Precisazioni su presenze ebraiche a Carignano
COME ERAVAMO GIUGNO
Precisazioni su presenze ebraiche a Carignano
In questa stessa rubrica a maggio 2018 avevo citato Ël ghet (via XXIV Maggio) tra le “Curiosità toponomastiche” e, come da pagina 140 degli “Appunti per una lettura della città”, avevo riportato: “Nonostante l’ufficializzazione del termine “via del Ghetto” nella Mappa Catastale Rabbini (1869) non è stata trovata documentazione a sostegno dell’esistenza di una comunità israelitica riunita in un ghetto”. Ora posso aggiungere le seguenti precisazioni in merito alle presenze ebraiche a Carignano.
Il caro amico, storico vinovese Gervasio Cambiano, dopo alcune ricerche, mi ha comunicato i seguenti dati relativi ad ebrei presenti in Carignano, reperiti sul sito Internet “Italia Judaica” e, dalla pubblicazione “Banche e Banchieri ebrei nel Piemonte dei secoli scorsi”, l’articolo estratto da “La Rassegna Mensile di Israel” vol. XXI 1955. (R.M.I. è una rivista probabilmente conservata solo presso la Biblioteca della Comunità Israelitica di Torino).
– Maestro Manuele de Turri, medico ebreo a Carignano, ottenne dal Duca di Savoia conferma della sua licenza di praticare la professione. Ulteriore conferma della lettera ducale fu emanata da Papa Paolo lll nel 1535, anno in cui egli fu comunque detenuto ingiustamente nelle carceri di Carignano, con il pretesto di esercitare senza permesso. Nel 1555 la vedova Ricca, tutrice dei figli minori Gabriele e Regina, fece causa in tribunale per riavere un prestito fatto nel 1553 al Comune di Chieri.
– David Nizza, banchiere in Carignano, nel 1580, comparve di fronte ai commissari della Camera Ducale e sappiamo che usava d’una arma, della quale usavano i suoi antecessori, la quale è d’un campo azzurro e dentro una torre rossa. Egli era ancora prestatore a Carignano negli anni 1584 e 1587 e morì verso il 1596, venendo sostituito dai suoi eredi.
– Al principio del ‘600 abitavano a Carignano almeno tre famiglie ebree: quella di Gratiadio Treves, quella di Leone Levi de Fubine e quella di Jacob Ghediglia (che sicuramente fu banchiere). Esse furono in lite con un altro gruppo di ebrei e nel 1629 Abramo Ghediglia venne elencato tra i “tassati”.
– Una delle consuete inchieste governative sugli ebrei delle varie località del ducato (intorno al 1624) costò una somma ingente alle Comunità ebraiche, tra cui quella di Carignano. Quale nota: probabilmente, perché, finita l’inchiesta, gli ebrei dovettero pagare forti somme al Governo.
– Nel 1880 operava in Carignano l’esattore Foa Abram Vita.
E’ evidente come questi elementi denotino la presenza degli ebrei ma non la loro costituzione in ghetto, però don Lusso, negli “Appunti per una storia civile di Carignano” al capitolo “Le vie della Città lll, a proposito di via XXIV Maggio scrive: “Questa via laterale era detta via Loreto nella planimetria Chiusano e prima ancora: il Ghetto, perché lì erano confinati gli Ebrei carignanesi. L’Amministrazione Comunale ricorreva spesso ad essi per prestiti “anco a tasso ebraico” quando non restava altra via per salvare il bilancio.”
La denominazione Loreto della via era dovuta all’esistenza della Cappella intitolata a Nostra Signora di Loreto all’angolo delle attuali via XXIV Maggio con via Silvio Pellico.
Infine, la signora Bruna Ricca Nicola ha sentito sempre raccontare dai suoi familiari di un’iscrizione sul portone interno del cascinale in via XXIV Maggio “Ricca, Elia, Gennero, Curletto son diventati padroni del Ghetto – 1862”, iscrizione scomparsa dopo il 1970, quando, dopo la morte del nonno, seguirono divisioni e ristrutturazioni. La famiglia Sandrone, che aveva l’accesso su via XXIV Maggio da un altro portone, ancora è nota a quanti ne hanno sentito parlare a suo tempo dai familiari “anziani”, come “ij Sandron del ghet”.
Da ultimo. Nel corso delle ricerche, un “contatto con conoscenze urbanistiche” ha segnalato che tutte le aperture delle case confinanti con il perimetro del ghetto erano rivolte verso nord perché non potevano avere affacci sul ghetto; l’accesso alle abitazioni all’interno del ghetto avveniva unicamente mediante un portone che, nel nostro caso, corrispondeva, probabilmente, a quello che sarà poi il cancello della “fabrica dij brichèt” che veniva chiuso al calar del sole; passerelle e ponticelli consentivano di raggiungere le case attraversando il canale. Rimane, a testimonianza del muro che cingeva il ghetto, il muro a mattoni a vista dell’attuale parcheggio arretrato di via Diaz (di fronte alla “Quadronda”). La proprietà si estendeva però al di là del muro lungo l’attuale via Diaz fino a via Cadorna e via Don Valetti e comprendeva gli orti coltivati dagli stessi ebrei. Da notare che nel complesso era inserita, rivolta invece verso la strada, la Cappella a conferma della presenza cattolica in città.
Come Eravamo giugno 2019 – Precisazioni su presenze ebraiche a Carignano
COME ERAVAMO – Rubrica a cura di Marilena Cavallero