DIRITTO E CASTIGO / NOVEMBRE – Can che abbaia…
Can che abbia… a volte morde
I tiepidi weekend autunnali invogliano ad indossare un abbigliamento comodo per gradevoli passeggiate in campagna durante le quali assaporare l’aria fresca, il profumo di bosco, il silenzio interrotto da rumori brevi e sporadici. Così ha pensato una mia assistita che, sfortunatamente, durante il percorso si è imbattuta in un cane sfuggito da una cascina, il quale, correndole incontro abbaiando, ha avuto il tempo, prima del sopraggiungere del proprietario allertato dal frastuono, di farla cadere rovinosamente. Per una vicenda come quella in esame occorre far riferimento ad una precisa norma del codice civile, l’art. 2052 cod.civ., che, in realtà, ha una portata più ampia, riferendosi, in generale, agli animali da cui il proprietario può trarre profitto. In base alla precitata norma: “Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”.
Il responsabile dei danni cagionati dall’animale è, dunque, il padrone o chi se ne serve per il tempo che lo ha in uso e a nulla rileva che sia sfuggito al controllo. Considerato che il fondamento della responsabilità è ravvisabile nel concetto di “uso” dell’animale, il quale si riconduce al concetto di impiego al fine di trarre delle utilità, parte della giurisprudenza ritiene che il solo affidamento dell’animale ad un terzo per ragioni di custodia, di governo o di mantenimento, non sposta a carico di quest’ultimo la responsabilità per danni cagionati dall’animale stesso. Come sottrarsi a questa responsabilità? Si tratta di un’ipotesi di responsabilità oggettiva: per non incorrere nella condanna al risarcimento dei danni causati dal fedele amico, il proprietario deve dar prova del caso fortuito.
La Suprema Corte ritiene che: “La responsabilità per danno cagionato da animale di proprietà, ovvero in custodia, può derivare anche da un cane che non è aggressivo e che non ha morso alcuno, ma che si è limitato a correre libero, così provocando la perdita dell’equilibrio di una persona. Anche la corsa di un cane può essere ritenuta causalmente connessa alla caduta della vittima, e quindi il proprietario deve risarcire il danno biologico subito di conseguenza” (Cass. civ. Sez. III, 20.05.2016, n. 10402). Per non incorrere in una condanna si deve provare che si è verificato un evento imprevedibile ed inevitabile, assolutamente eccezionale che si inserisce all’improvviso nell’azione dell’animale, superando ogni possibilità di resistenza o contrasto da parte dell’uomo. Per portare un esempio, nel caso di danno cagionato dal morso di un cane, non è stata considerata prova liberatoria il fatto che il proprietario avesse intimato al danneggiato di “non dargli confidenza”, né assume importanza il fatto che il cane sia tenuto al guinzaglio. Il fattore esterno idoneo a interrompere il nesso di causalità tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo può essere costituito anche dalla condotta di un terzo o dello stesso danneggiato, quando abbiano avuto efficacia causale esclusiva nella produzione del danno. Ad esempio, non è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni provocati da un cane ad un cliente entrato in un magazzino di vendita nell’ora di chiusura al pubblico, o a colui che, introdottosi abusivamente nel fondo altrui, si era avvicinato eccessivamente ad un cane impegnato a mangiare. Naturalmente, il soggetto che si ritiene leso è tenuto a dar prova del collegamento tra danno e condotta dell’animale che deve aver partecipato in maniera attiva alla produzione dell’evento. Il proprietario non risponde del danno patito, ad esempio, da un soggetto inciampato sul corpo dell’animale, accovacciato in modo ben visibile all’interno di un esercizio commerciale (Trib. Milano 25.3.1965). Viceversa, si è affermata l’esistenza del nesso causale nell’ipotesi in cui un cane, legato per mezzo del guinzaglio al corrimano delle scale di accesso ad una stazione della metropolitana e lasciato incustodito, si avventi contro una persona anziana in atto di sorreggersi al medesimo corrimano per scendere le scale, facendola cadere e provocandole lesioni, a nulla rilevando che la vittima avesse la possibilità di evitare l’animale seguendo un percorso più discosto da esso (Cass. Civ. 11570/2009).
DIRITTO E CASTIGO
Rubrica legale a cura dell’avvocato Roberta K. Colosso
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