TORINO – “Màn Vietnam Street Heroines. Fotografie di Ottavia Castellina” al MAO
Il Mao – Museo d’Arte Orinetale di Torino (via San Domenico 11) ospita, dal 14 giugno al 2 settembre, “Màn Vietnam Street Heroines. Fotografie di Ottavia Castellina”. L’esposizione è realizzata sotto gli auspici del Consolato della Repubblica Socialista del Vietnam di Torino in collaborazione con Polo scientifico culturale Italia Vietnam
in occasione del 45° Anniversario delle relazioni diplomatiche Italia e Vietnam.
Le immagini esposte per la prima volta fanno parte dell’ultimo progetto di Ottavia Castellina realizzato con la collaborazione dell’assistente fotografo Tran Thi Ngoc Hoa e costituiscono una serie incentrata sulla complessa figura delle venditrici ambulanti vietnamite.
Traendo ispirazione dall’antica iconografia delle eroine patriote vietnamite e citando il lavoro dei fotografi ambulanti della seconda metà del XIX secolo, le fotografie in bianco e nero dipinte a mano ritraggono queste ‘eroine del quotidiano’ come rappresentative da un lato di un’antica tradizione e, dall’altro, di un vertiginoso mutamento socio-economico e culturale in atto.
In una delle sue accezioni più comuni, il termine Màn viene usato nella lingua vietnamita per indicare ciò che separa, protegge, nasconde: una tenda, un sipario, uno ‘schermo’. Il concetto di ‘schermo’ a partire dalla fine dell’800 assume in diverse parti del mondo un nuovo significato, indicando un luogo dove avviene una proiezione di immagini, un dispositivo che, se da un lato nasconde, dall’altro rivela. Questa ‘finestra’ consente l’accesso ad uno spazio altro, quello della rappresentazione, ben distinto dalla realtà e delimitato da una cornice. Traendo ispirazione dall’antica iconografia delle eroine patriote vietnamite, lo ‘schermo’ in questa serie di immagini, ritaglia all’interno del loro stesso ambiente di lavoro (la strada), uno spazio iconico nel quale le venditrici ambulanti possano autorappresentarsi, rivelando la propria natura eroica.
A seguito delle trasformazioni in atto nel paese, numerose contadine del Vietnam settentrionale – per tradizione, “pilastro della famiglia”, nelle campagne – scelgono oggi di trasferirsi nella capitale, Hanoi, per lavorare come venditrici ambulanti, lasciando a casa marito e figli. Queste donne migranti conducono un’esistenza precaria, a un passo dalla soglia di povertà, tentando di bilanciare la conflittuale domanda imposta dall’esigenza di guadagnare uno stipendio in città e assolvere contemporaneamente a una serie di obblighi famigliari, agricoli e nondimeno rituali.
Nella modalità e nell’approccio estetico, “Màn” cita il lavoro dei fotografi ambulanti della seconda metà del XIX secolo, i primi che offrirono ai contadini, che giungevano in città per vendere i propri prodotti, la possibilità di essere ritratti dal mezzo fotografico. Ogni scatto è stato realizzato in pochi secondi, sfuggendo al controllo della polizia locale (che per legge proibisce alle venditrici di sostare lungo le vie) e coinvolgendo turisti e passanti che, nel prestare il proprio aiuto, si sono trasformati a loro volta in ‘cornice’ dell’immagine iconica all’interno dell’immagine fotografica. In questo modo “Màn” mette in discussione, capovolgendolo, il ruolo del fotografo/turista occidentale in viaggio e il suo modo di rapportarsi alle realtà e ai soggetti fotografati in luoghi cosiddetti ‘esotici’.
Le immagini dipinte a mano si propongono infine come un omaggio in chiave contemporanea al lavoro del fotografo e viaggiatore italo-britannico Felice Beato, uno dei primi fotografi che si spinsero in Oriente documentando paesaggi, persone e costumi perlopiù ignoti alla maggior parte degli Europei dell’epoca. Così le venditrici ambulanti protagoniste di questa serie si fanno portavoci di una cultura, quella vietnamita, antica e complessa che è stata spesso ignorata o fraintesa dal mondo occidentale nel corso degli anni. Messaggere di un vertiginoso mutamento socio-economico e culturale in atto, queste ‘eroine del quotidiano’ si pongono in linea di continuità con la società matriarcale pre-confuciana e le patriote che hanno segnato la storia leggendaria del paese, in transito perpetuo tra campagna e città, tra tradizione e modernità.
I testi in mostra sono a cura di Ottavia Castellina, Laura Manione e Sandra Scagliotti.
Ottavia Castellina. Laureata in Storia dell’Arte al DAMS di Torino, nel 2008 Ottavia Castellina ha conseguito un Master in Fine Art Photography al London College of Communication. Le sue fotografie sono state presentate in varie mostre e rassegne a livello internazionale. Nel 2012 ha partecipato al programma di residenza artistica RESO’ 2 presso Khoj International Artists’ Association a Nuova Delhi e ha vinto una borsa di studio per la realizzazione di un progetto al Guy’s and St Thomas Hospital di Londra. Lo stesso anno è stata tra gli artisti invitati nella rassegna Thanks to Luigi Ghirri & Italian Emerging Photography, a cura di Laura Serani, inaugurata all’Espace Photographique de Sauroy nell’ambito del Mois de la Photo di Parigi e nel 2013 ha partecipato alla Biennale Giovani di Monza. Nel 2015 è stata selezionata per il Premio Arte VAF, nell’ambito di una mostra che nel 2016 è stata allestita al MACRO di Roma, alla Stadtgalierie di Kiel e alla Kunstsammlungen di Chemnitz. Dello stesso anno è il libro Slices of Life, 52 recipes by 31 perfect strangers, volume di ritratti, storie di vita e ricette in collaborazione con Elia Romanelli e Piero Vereni edito da Bruno (Venezia).
“Ciò che è “tipico” delle donne vietnamite, non è il Non la, il copricapo tradizionale che esse indossano – “sottile come carta e leggero come volo di rondine” -, ma il vuoto che esso ha a lungo ricoperto, imposto da secoli di lotte per l’indipendenza nazionale. Un vuoto che, ostinatamente, le donne del Vietnam, alla ricerca di nuove identità e condizioni di vita adeguate, hanno cercato di colmare per essere oggi partecipi della vita sociale e produttiva, ma anche, per poter finalmente “vivere”, sorridere e sognare…
Oggi, in Vietnam, quasi il 60% dei circa sette milioni di lavoratori informali è costituito da donne, contadine che lasciano il villaggio natale in cerca di reddito: una indiscutibile forza vitale per il paese. Se, dal punto di vista giuridico, uomini e donne sono eguali dinnanzi alla legge, è pur vero che molti passi restano ancora da compiere in materia di formazione, accesso al lavoro e tutela dei diritti: le lavoratrici rurali, che operano nelle grandi città, rappresentano un settore della popolazione attiva ancora largamente escluso dai benefici della vertiginosa crescita economica del Vietnam contemporaneo, dove l’economia sotterranea necessita di riforme strutturali a sostegno delle lavoratrici più vulnerabili.
Ciononostante, nel quadro dei Paesi dell’Asia Sud-orientale, le donne vietnamite sono quelle che godono di maggior libertà e tutela; da sempre, la società vietnamita si fonda sul ruolo e sull’apporto delle donne; lo attestano l’attuale consistenza della rappresentanza politica (che situa il Paese al primo posto delle “quote rosa” in Asia e ben avanti all’Italia e altri Paesi del Sud-Europa) e una storia leggendaria che, sin dall’antichità di questa millenaria civiltà, accoglie gesta di eroine, a partire dalle celebri Sorelle Trung simbolo, non solo dell’indomita lotta per l’indipendenza del popolo vietnamita – che è filo conduttore di tutta la storia del paese -, ma anche segno dell’attiva partecipazione femminile all’edificazione nazionale.
È questo tratto – fra passato epico e una contemporaneità segnata da contraddizioni e sfide – che Ottavia Castellina, con sapiente garbo e creatività, ha saputo cogliere, mettendo in luce, accanto alla complessità della questione delle migrazioni interne – fenomeno che interessa oggi soprattutto le donne – le tranches de vie di un universo femminile forte e, nel contempo, fragile”.
Sandra Scagliotti
Console onoraria della Repubblica Socialista del Vietnam
Coordinatrice Polo scientifico-culturale Italia Vietnam
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