CARMAGNOLA – “Quello che mi manca per essere intera” si ritrova con Ilaria Scarioni
Abituati ai coup de théâtre di Maurizio Liberti, motore molto mobile del Gruppo di Lettura di Carmagnola, nessuno dei commensali si è stupito di trovare al suo posto a tavola un tagliandino con una domanda inquietante: “Cosa mi manca per essere intero?”. Nascondendosi al vicino di posto, oppure cercando di copiare dal dirimpettaio, quasi tutti i cento presenti all’ultimo appuntamento del primo semestre 2018 all’aperilibro dello scorso 31 maggio presso la Trattoria della Vigna di Carmagnola hanno risposto consegnando il foglietto (rigorosamente anonimo) a Maurizio e a Ilaria Scarioni, genovese di vita e di Abbiategrasso di nascita, ospite della serata per la presentazione del suo libro “Quello che mi manca per essere intera”.
Un titolo che in molti ha fatto temere un feuilleton ottocentesco, fatto di storie di abbandoni e di orfani lasciati all’addiaccio, che invece nasconde una storia sì di patologia, ma raccontata con il sorriso sulle labbra e l’accettazione non passiva di quello che la realtà ci offre. Che è poi la storia di Ilaria Scarioni, anche se non è un romanzo autobiografico, che ha voluto rendere omaggio all’ospedale Gaslini di Genova con quell’amore che hanno tutti i pazienti che hanno vissuto lunghi periodi nelle camere di ospedale e si sentono grati a medici, infermieri e struttura per avere indicato loro una strada per vivere meglio se non si è potuti guarire pienamente dalla patologia. Un’opera prima che nasce dal riscatto di un momento di delusione: “Ero stata lasciata dal mio allora fidanzato e mi trovavo nella libreria Feltrinelli di Genova alla ricerca di un libro che mi facesse superare la delusione del momento” racconta la scrittrice (anzi scrivente, come precisa lei). “Invece ho trovato un corso di avviamento alla scrittura, seguito da un secondo corso di approfondimento. A quel punto ho scritto ciò che conoscevo meglio: la mia esperienza al Gaslini”.
Un’esperienza che va in parallelo a quella di un’altra bambina sofferente, Giannina Gaslini, morta a undici anni per una peritonite non diagnostica nel 1917 (un episodio che ci fa riflettere su quanto la scienza medica si sia evoluta nel corso dell’ultimo secolo) il cui padre Gerolamo ha costruito quell’ospedale che è diventato l’eccellenza a livello pediatrico. Un ospedale a misura di bimbo, che si affaccia sul mare con la sua spiaggia privata e dal mare prende profumi, colori azzurri e risacca delle onde. Così Ilaria Scarioni si trasforma in Bianca, la sua protagonista e il suo filo conduttore, che non racconta solo il suo passato di paziente per quasi due decenni nelle camere del Gaslini, ma anche la sua vita attuale, i suoi amori siano essi burrascosi o accoglienti, come quello di Cesare, fotografo professionista, che la fotografa nuda, un “pezzo per volta per ricomporla intera e farla bella” in un atto d’amore e di stimolo, che passa attraverso una completezza anche erotica della relazione. Un romanzo che ha il sapore fioreggiato della copertina del libro, che la stessa Scarioni ha fortemente voluto.
“Normalmente le copertine sono scelte dai responsabili marketing delle case editrici. Tutte le proposte che mi hanno fatto erano terribili e non aderenti al mio lavoro. Ho chiesto per la copertina una grafica di Marcelo Monreal, artista brasiliano che scompone i volti delle persone tirando fuori il bello che c’è in loro, con composizioni floreali e colori pastello. Trovata l’immagine giusta ero tranquilla della pubblicazione, quando ad un giorno dall’andare in stampa la mia agente mi ha chiamato dicendomi che quell’immagine non era disponibile. Che ne avevano scelto un’altra e quella avrei dovuto accettare perché ormai non c’era più tempo per cambiare. Ho scaricato l’immagine dall’allegato del computer come giocatore di poker apre le sue carte. Fortunatamente mi era stato servito un poker di assi e sono molto soddisfatta della scelta che è stata fatta” .
Ovviamente una copertina su sfondo rosa, perché a casa Scarioni anche il frigo è rosa ed i padiglioni dell’ospedale Gaslini sono rosa.
Lettrice instancabile viaggia con una copia del suo “Quello che mi manca per essere intera” ormai ridotta a brandelli, perché ad ogni presentazione la scrittrice-scrivente si segna appunti, raccoglie locandine, sottolinea frasi. Fatto che ha scandalizzato Maurizio Liberti, che conserva i suoi libri come preziose icone da tabernacolo. “Questo romanzo è nato dalla mia voglia di raccontare la storia di Giannina Gaslini e del suo ospedale; la storia della mia malattia infantile e di come mi sono sentita per tanti anni; la storia di come la malattia sia soprattutto negli occhi di chi ti guarda e ti fa sentire diverso” (ed ecco perché l’innesto di questo fidanzato Cesare, reale o presunto non importa, che la fotografa). “Quello che mi manca per essere intera” è anche uno spaccato di Genova, dei suoi vicoli e della sua gente, di cui Ilaria fa ormai parte. “Se fossi vissuta ad Abbiategrasso forse non avrei mai scritto nulla perché la grande città è stimolo e ricchezza culturale”.
Ormai Ilaria Scarioni parla con un marcato accento genovese che si riconosce ad un miglio di distanza ed il suo intercalare, come una vera donna dei carrugi è “belin”; ma il suo romanzo è rosa e fioreggiato come la copertina. Forza Ilaria, aspettiamo il secondo libro.
(Foto di Cristina Tomaini)
Tommaso M. Valinotti